SU LA MASCHERA

Il Purìm è una festa ebraica che si celebra in primavera, ricorda che la regina Ester sventò la cospirazione dell’invidioso Aman contro il popolo ebreo prigioniero in Babilonia. Ha in comune con il nostro carnevale l’uso di mascherarsi, ma la tradizione vuole che ogn

Il Purìm è una festa ebraica che si celebra in primavera, ricorda che la regina Ester sventò la cospirazione dell’invidioso Aman contro il popolo ebreo prigioniero in Babilonia. Ha in comune con il nostro carnevale l’uso di mascherarsi, ma la tradizione vuole che ognuno scelga un travestimento che mostri l’opposto di tutto quanto crede, pensa, teme, oppure spera di essere.

Quindi una fanciulla umile e timida ironizzerà su se stessa confezionandosi magari con il cartone una corona regale, mentre, per fare solo un altro esempio, il più generoso filantropo indosserà i paludamenti di un ministro crudele avido e persecutorio. C’è chi vede nel Purìm una sorta di pausa di sollievo dalle severe regole di vita che l’ebraismo impone.

E’ così anche per il nostro carnevale?

Cerchiamo anche noi di legittimare sregolatezze senza le quali la monotonia quotidiana sarebbe insopportabile?

Quanta verità si riesce a dire da dietro una maschera?

E quale libertà può donare un travestimento?

La storia e la vita ci danno molti esempi. Celano il volto assassini e rapitori, si coprono ancora con un cappuccio gli appartenenti al Ku Klux Klan, lo facevano anche i boia della ghigliottina o dell’impiccagione, benché tale mestiere fosse ambito e ben remunerato. Le maschere del carnevale, a Venezia, coprivano tradimenti amorosi e cospirazioni politiche. Sono state imitate anche nella realtà le maschere dei Presidenti americani indossate durante le rapine in banca dai protagonisti del film Point Break.

Ma la maschera è sempre servita anche per dire la verità. Pensate ai giullari di corte, gli unici a poter riportare al re l’opinione del popolo nascosta sotto le sembianze dello scherzo. E non vogliamo tirare in ballo Amleto e l’uso che fece del teatro per denunciare i delitti della madre e dello zio.

Quanto di loro stessi celano dietro gli pseudonimi scrittori e giornalisti graffianti? Cosa dicono dei gusti e del carattere dei navigatori di internet i nickname e le password scelte per le chat o l’accesso ai siti? Al contrario di quanto succede per la festa del Purìm, queste “maschere” sono indossate per essere o fare, almeno virtualmente, quello che veramente si vorrebbe. E’ lo spirito del carnevale, inteso nel senso letterale di carne-vale, di piacevole e spensierato carpe diem, che si prende gioco anche della tecnologia.

Non facciamo la morale sugli eccessi, allora! Non presentiamoci alle feste del sabato grasso con la faccia già atteggiata alla Quaresima! Altrimenti nessuno crederà che il nostro Dio è venuto per darci la vita, e per darcela in abbondanza.

(Le notizie sul Purim sono tratte da “Ester, regina o concubina” di Giacoma Limentani ed. San Paolo, disponibile nella Biblioteca Parrocchiale Mons. Cazzaniga )


I commenti sono chiusi.