L’ESPERIENZA DELLA ’DOLOROSA GIOIA’

 

 

In QUARESIMA, la ’radiosa tristezza’

Siamo dunque in Quaresima. Questa è la seconda domenica.

Penso che in qualche misura la gente cristiana abbia elaborato un suo programma spirituale accogliendo qualche proposta tre le tante che sono state fatte in comunità.

Qui vorrei ricordarne una in particolare perché richiama un ’profondo desiderio’ delle coscienze cristiane, il desiderio del perdono di Dio, soprattutto quando nella coscienza urge il peccato, riconosciuto… Ogni venerdì di quaresima i nostri preti saranno presenti in Prepositurale per la gran parte della giornata in attesa di comunicare con chiunque cerchi un dialogo spirituale e domandi il perdono di Dio.

Nel silenzio della chiesa, raccolti in sincera verifica della propria coscienza, possiamo ’andare incontro’ all’amore del Signore, dal quale solo può giungere la gioia della misericordia. Ma in quel momento, è bene non dimenticare che ” è di capitale importanza distinguere il pentimento dalla colpevolezza. Se il vero pentimento è il rivolgimento dello spirito verso Dio, dal momento che Dio è il misericordioso che perdona le cadute umane, la colpevolezza è una chiusura dello spirito su se stesso, sulle sue manchevolezze e sui suoi peccati”.

Quando per anni si ’confessa’, è purtroppo frequente imbattersi in persone ’sofferenti’ perché coscienti della propria pochezza e del proprio peccato ma incapaci o forse timorosi di affidarsi totalmente al Signore della misericordia . Nella fede della Chiesa orientale (ortodossia) si sottolinea che:

 “La colpevolezza dubita della misericordia e del perdono divino; essa porta allo scoraggiamento e alla disperazione. La colpevolezza è una falsa umiltà, essendo un orgoglio mascherato dal Nemico: la vera umiltà significa riconoscere le proprie mancanze e accettare il perdono divino. Il cristiano nel suo cammino esistenziale, conserva il ricordo delle sue mancanze, ossia della sua responsabilità, non della sua colpevolezza. La prima è salutare, la seconda è diabolica”.

Sia ’benvenuta’ anche quest’anno la Quaresima, dunque., caratterizzata come sappiamo da due attitudini fondamentali che trovano una significativa sintesi nell’espressione “radiosa tristezza”.

Siamo tristi perché siamo coscienti delle nostre mancanze, della nostra distanza dal percorso che ci conduce a Dio; siamo tristi perché siamo coscienti d’essere lontani dalla perfezione di Cristo, dalla santità alla quale siamo chiamati (Mt 5,48). Ma, allo stesso tempo, la nostra tristezza è illuminata dalla coscienza dell’amore di Dio, “unico amico degli uomini“, dalla misericordia divina nella quale possiamo porre tutta la nostra confidenza. Come il Figlio prodigo, sappiamo che il nostro Dio ci attende per recarci una veste nuova e un anello al dito, appena cercheremo di fare il minimo sforzo per tornare verso Lui e entrare nel pentimento e nella metanoia (cfr. Lc 15,20-24).

La nostra tristezza è radiosa perché è illuminata dalla luce della Resurrezione di Cristo che è segno della nostra futura entrata con Lui nel Regno del Padre. Questi due moti dell’animo, apparentemente contraddittori, devono animare il cristiano lungo tutto l’anno, specialmente in vista della sua partecipazione all’opera della Grande Quaresima, opera contemporaneamente personale e collettiva.

Da tempo si ama invitare la gente cristiana alla ’riconciliazione’, corrispondendo all’appassionato invito dell’apostolo Paolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio!”.

Ma quando questo evento capita, succede nella vita intima e relazionale delle persone un ’radicale cambiamento’ e si coglie il ’valore’ della comunione ecclesiale. Se la metanoia è un gesto profondamente personale, essa però trova la sua espressione nei riti e nei consigli della Chiesa, nella comunità cristiana della quale noi facciamo parte. Nonostante dobbiamo lavorare da soli, portiamo ugualmente la nostra “dolorosa gioia” altra espressione cara all’Ortodossia – con i nostri fratelli e sorelle che camminano assieme a noi. Possiamo così trarre ispirazione, coraggio e forza da questa condivisione, in particolare dalla condivisione delle ricchezze dei mezzi che la Chiesa ci mette a disposizione durante la Quaresima”.

Un parroco prega perché questo succeda alla sua gente. Se mi capiterà di prenderne atto, sarò ancora più felice di essere prete!

 

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