Domenica 19 ottobre PAPA PAOLO VI° proclamato BEATO.

 

Domenica  19 ottobre 2014, al termine del Sinodo straordinario dei Vescovi sulla famiglia, PAPA PAOLO VI° verrà  proclamato “ BEATO”; è un’occasione per riscoprire la sua grande figura sotto una nuova luce. E’ una felice coincidenza, in quanto il Sinodo è un organo istituito proprio da lui stesso, per mantenere viva l’esperienza di collegialità del Concilio Vaticano II°.
Per  i lissonesi questa è la Festa della Dedicazione della Prepositurale dei SS. Pietro e Paolo.

A  pochi giorni dopo la sua elezione a Sommo Pontefice, avvenuta il 21 giugno 1963, egli annotava:“ La lucerna sopra il candelabro arde e si consuma da sola. Ma ha una funzione, quella di illuminare gli altri, tutti se può”.
E nonostante tantissime tenebre costituite da opposizioni, incomprensioni e critiche che doveva affrontare, tale è stata la sua vita, sempre un faro di luce che brilla.
La sua lucerna comincia a brillare il 26 settembre 1897, quando viene chiamato Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, nato a Concesio, un paese vicino a Brescia, secondo di tre figli.
La sua famiglia era tradizionale, conscia di appartenere all’alta borghesia e quindi di avere precise responsabilità. Dalla madre eredita il senso del raccoglimento, della vita interiore; mentre dal padre l’esempio della resistenza al male e dell’intrepidezza. Da entrambi assorbe l’amore per Dio e per gli uomini.
Nonostante la sua fragile salute e costituzione fisica, la fiamma ricevuta continua risplendere nella sua partecipazione alla Congregazione Mariana, in parrocchia, nelle opere della carità, servendo i bisognosi.

Per illuminare tutti gli ambiti
Dopo lo studio di Lettere e filosofia e di Diritto civile e di Diritto canonico, Montini viene avviato agli studi diplomatici presso la Pontificia accademia ecclesiastica. Viene chiamato alla Segreteria di Stato della Santa Sede e presto riceve l’incarico di addetto alla Nunziatura apostolica di Varsavia. E’ molto attivo anche nella Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci), diviene guida spirituale di molti studenti, puntando su una preparazione seria e rigorosa, aiutandoli e sostenendoli nell’assumersi le loro responsabilità di uomini e di cristiani. Tutti i suoi incontri con la gente erano segnati dal donarsi totale a ogni persona, ascoltando con pazienza e attenzione. Era un diplomatico che non dimenticava mai di essere, prima di tutto, sacerdote, il portatore della luce di Cristo.

La luce per una grande diocesi: Milano
Dopo la sua ordinazione episcopale il 12 dicembre 1954, Giovanni Battista Montini è mandato a Milano. “Non Nova, sed nove”: a Milano non servono cose nuove, ma un modo “nuovo”.
Lo diceva che un po’, quella Milano, LA temeva, arrivandovi in un gelido e piovoso 6 gennaio 1955, giorno del suo ingresso solenne nella nostra Diocesi come arcivescovo.
Dall’inizio dell’episcopato presta una speciale attenzione al mondo del lavoro e proprio per questo viene definito dalla stampa “l’arcivescovo dei lavoratori”.
Nella vasta e complessa nostra Diocesi seguì nuovi percorsi di evangelizzazione per fronteggiare la crescente immigrazione e il diffondersi del materialismo e dell’ideologia marxista, soprattutto all’interno del mondo del lavoro. La secolarizzazione avanza a Milano più velocemente che in altre parti d’Italia.
Rivolse nove lettere pastorali a noi fedeli della sua Diocesi Di Ambrogio, promosse la costruzione di 123 nuove chiese.
E’ un Vescovo-Pastore che ha così a cuore le sue creature da non volere che esse si disperdano nel caos di un’urbanizzazione selvaggia. La sua risposta a questa sfida è stata “la missione di Milano”, definita in seguito come “il più grande esperimento del genere nella Chiesa cattolica”.
Per la prima volta si pensa a una iniziativa che coinvolge una città intera.

Sul candelabro della Chiesa

Il conclave del 1963 dura soltanto 36 ore. Nella mattinata di venerdì 21 giugno la fumata bianca annunzia l’elezione del nuovo Pontefice.
Decide di chiamarsi PAOLO VI°, ispirandosi all’apostolo che, come il papa stesso ha spiegato, “supremamente amò Cristo, che in sommo grado desiderò e si sforzò di portare il vangelo di Cristo a tutte le genti, che per il nome di Cristo offrì la sua vita”.
La sua prima riflessione scritta dopo l’elezione è quasi profetica: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio… perché io soffra qualche cosa per la Chiesa e sia chiaro che Egli, non altri, la guida e salva”.  

La luce del Concilio: rinnovare fedeltà a Cristo
Dopo l’elezione, PAOLO VI° riprende subito i lavori del Concilio Vaticano II°, che si erano interrotti in seguito alla morte del suo predecessore. Deve affrontare la divisione presente tra i Padri, tra conservatori e progressisti, soprattutto riguardo a temi come: la libertà religiosa, la vocazione presbiterale, le religioni non cristiane e il rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno.  Il nuovo successore di Pietro riesce a superare questa divisione con un tocco di autorità e una grande perseveranza.
Riforma della Chiesa, per PAOLO VI° “… significa essenzialmente rinnovata fedeltà a Cristo e insieme omaggio alla genuina tradizione.” 

Illuminare i popoli
Se uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II° è la Lumen gentium, possiamo dire che PAPA PAOLO VI° stesso si è fatto luce per le genti, attraverso i numerosi viaggi e pellegrinaggi del suo pontificato.
Il primo, nel gennaio 1964, ha come meta la Terra Santa ed è un pellegrinaggio estremamente delicato, ma con i momenti bellissimi, come lo storico abbraccio con il patriarca di Costantinopoli Atenagora.
Per presentare al mondo la Chiesa missionaria e porre in primo piano la questione della povertà, quella che fa morire di fame, il 2 dicembre 1964 si reca in India.
Dona a Madre Teresa di Calcutta l’automobile vaticana affinché la venda per dare il ricavato ai suoi poveri. In tutta India c’erano allora 5-6millioni di cattolici. Un fiume di persone gli rende onore in un Paese dove i cristiani erano una minoranza. Recita preghiere nell’idioma locale e la gente apprezza moltissimo questo suo gesto.
Il 4 ottobre 1965 PAPA Montini è accolto dall’Assemblea generale dell’ONU, in USA.L’ultimo viaggio fuori dall’Italia raggiunge l’Estremo Oriente (Manila, Sydney, Hong Kong, Sri Lanka) in novembre e dicembre 1970. All’aeroporto di Manila PAOLO VI° viene ferito da un attentatore. Pochi comprendono che il PAPA era stato colpito ed egli volle che tutto proseguisse come previsto, con il suo abito bianco chiazzato di sangue.

La luce delle novità
Noi oggi consideriamo normale che il PAPA visiti un carcere, guidi la Via crucis al Colosseo, pronunci messaggi per Giornata mondiale della pace, o si intrattenga con i giornalisti a bordo dell’aereo durante i viaggi apostolici. Tuttavia, non molti sanno che tutte queste attività non erano contemplate nella prassi precedente e sono state introdotte proprio da PAOLO VI°.
Egli cercava di avvicinare, di conquistare i cosiddetti “lontani”; di far comprendere quanto le porte della Chiesa e dunque del suo cuore fossero paternamente, amorevolmente aperte.
Inoltre, ogni venerdì, PAPA MONTINI si vestiva con la tonaca da prete e si recava, in forma del tutto privata, a far visita agli ammalati, ai diseredati e agli handicappati.
Elargiva aiuti materiali, donava una buona parola, un sorriso, una carezza, prometteva e manteneva le preghiere.

La luce dell’insegnamento
Il suo magistero, esercitato nell’immediato post-concilio, è stato estremamente ricco e, dato il contesto caratterizzato da forti fermenti culturali,  ha suscitato ampi dibattiti, in particolare  con le due principali encicliche, la Populorum progressio  e l’Humanae vitae.
Nella prima, egli spiega che lo sviluppo non può ridursi alla semplice crescita economica  “ … per essere sviluppo autentico, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo.”
Nella seconda, si dichiarò contrario alla pratica della contraccezione se non con metodi naturali, in opposizione all’edonismo e alle politiche di pianificazione familiare: attorno l’Humanae vitae si creò scontento e opposizione, tradotta anche in attacchi personali.
PAOLO VI° patì per la Chiesa, come lui stesso ebbe a dire, ma patì anche a causa dei membri della stessa Chiesa e del popolo di Dio. Non pensò mai al consenso per sé e, pur fortemente provato, rimase fedele a ciò che sentiva come suo primario servizio alla verità del Vangelo.  

L’ingresso nella luce eterna
Così scrisse nel suo Testamento “… Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce”.
La lampada della sua vita terrena si è spenta il 6 agosto 1978, nella festa della Trasfigurazione del Signore. Nel Pensiero alla morte diceva ancora “… Mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce”.
La sua beatificazione conferma che il suo desiderio è stato esaudito ed invita di riscoprire e diffondere la fiamma che ci è stata donata attraverso “il PAPA della luce”. 

Elogio dei missionari del Vangelo
Il 19 ottobre 1969, all’Angelus, PAOLO VI° pronunciava queste parole che oggi, 55 anni dopo, risuonano come un testamento spirituale del suo cuore missionario e una conferma della sua santità.
Noi, tutti insieme, dobbiamo mandare un saluto, sulle ali della preghiera, ai missionari e alle missionarie, che sono sparsi nel mondo mentre celebriamo nel Mese di ottobre, il Mese Missionario.

Ai Missionari.
Noi meditiamo sul dramma della loro libera ed eroica vocazione; noi ammiriamo il fenomeno religioso che in essi si manifesta, fenomeno psicologico e sociologico; fenomeno storico: primitivo, che deriva dal Vangelo, e ultramoderno, che tende alla promozione e all’unificazione dell’umanità; fenomeno di sacrificio e di salvezza, come quello della croce.
Essi, i missionari, hanno più di tutti capito che il regno di Cristo è venuto, è per tutti, e ha bisogno dell’apostolo, del missionario, che lo annunci e lo diffonda.
Essi hanno avuto il supremo coraggio di dare tutto, di dare se stessi, di lasciare ogni cosa cara e propria, per essere liberi e vincolati alla cosa che le vale tutte, l’amore a Cristo e per Cristo agli uomini, scoperti come fratelli.
Essi, i missionari, hanno osato, per il Vangelo, tentare le imprese più difficili; penetrare dove nessuno arriva; parlare lingue impossibili senza comprenderle e senza essere compresi; dare senza ricevere; rischiare senza temere…; morire senza terminare l’opera loro, stanchi, soli, immolando le superstiti nostalgie all’unico, invincibile amore di Cristo.

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Morì a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978, dopo brevissima malattia, mentre recitava il Padre Nostro. Aveva scritto un Pensiero alla morte e un Testamento che restano un capolavoro di spiritualità e amore alla Chiesa.
PAPA BENEDETTO XVI° ne ha dichiarato l’eroicità delle virtù il 20 dicembre 2012.

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Per poterci donare a Dio con amore 
    riconoscerlo come colui che ama.
  

   (S. Teresa Benedetta della Croce)

COMUNITA´ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes 
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano
LISSONE

 

 

 

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