QUARESIMA 2017 – Migranti: persone da sopportare o dono da accogliere? L’accoglienza come stile di vita.

PAPA FRANCESCO: “Migranti, l’Europa non si deve spaventare. Ma i governanti abbiano prudenza per integrare bene”.
Migranti persone da sopportare o dono da accogliere?
Questo è il tema delle due serate che la Comunità Pastorale S. Teresa Benedetta della Croce, la Caritas, l’Azione Cattolica del Decanato di Lissone
e il Consorzio Comunità Brianza con il Patrocinio del Comune di Lissone ci propongono in questa Quaresima 2017.
La Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono. (cfr Omelia nella S. Messa di PAPA FRANCESCO – 8 gennaio 2016).
Dunque la Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole.

I Migranti
Il fenomeno delle migrazioni forzate è oggi drammaticamente aumentato. Folle di migranti partono da diversi Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia, cercando rifugio in Europa. L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha valutato che ci sono, in tutto il mondo, quasi 60 milioni di migranti e rifugiati, la cifra più alta dalla 2ª Guerra Mondiale.
Di fronte a questo fenomeno di decine di migliaia di migranti che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!…”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura.
I flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie ci interpellano come singoli e come collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale della nostra società. Sempre più spesso le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore. Se, poi, sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure.
Non di rado, infine, incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione a breve e a lungo termine, con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti.

L’accoglienza è un rischio.
Perché, in fondo, ogni incontro è un rischio. Aprirsi all’altro comporta una uscita da noi stessi. Un abbandono delle nostre sicurezze e comodità. La presenza dell’altro, poi, esige una precisa consapevolezza della mia identità. Non vale solo tra gli uomini. La pagina del libro della Genesi applica questa possibilità anche alla relazione con Dio. Un Dio che si presenta a noi nell’aspetto dello straniero, ovvero di colui che ci è “estraneo” perché, in virtù della sua santità, appartiene ad un mondo “altro” rispetto al nostro: è Colui che abita “nei cieli”, come preghiamo, e che viene a presentarci un modo diverso di vivere con il quale siamo chiamati a confrontarci e a verificarci. L’ospitalità, l’accoglienza esigono una chiara consapevolezza di noi stessi e anche della nostra fede. Forse alcune obiezioni, magari anche quelle con un riferimento religioso, possono nascere dalla fatica di compiere questa seria verifica sulla qualità del nostro discepolato? Abbiamo paura di essere “derubati” o temiamo piuttosto di dover fare i conti con un vuoto che noi stessi abbiamo creato?
Così potremmo forse riconoscere che Dio, nella Sua sapienza, ha inviato a noi, nell’Europa ricca, l’affamato perché gli diamo da mangiare, l’assetato perché gli diamo da bere, il forestiero perché lo accogliamo, e l’ignudo perché lo vestiamo. La storia poi lo dimostrerà: se siamo un popolo, certamente lo accoglieremo come un nostro fratello; se siamo solamente un gruppo di individui più o meno organizzati, saremo tentati di salvare innanzitutto la nostra pelle, ma non avremo continuità.

APPUNTAMENTI

Mercoledì 15 marzo ore 20- Palazzo Terragni : Apericena con cucina nord africana.
Ore 21: in scena “ COCCODRILLI” Con M. Flocchi.
Segue la testimonianza di alcuni migranti e la partecipazione del Sindaco Concettina Monguzzi e del Parroco Don Tiziano Vimercati.

Mercoledì 5 aprile ore 21- Casa Canonica
Tema della serata: I migranti persone da sopportare o dono da accogliere? L’accoglienza come stile di vita.

Testimonianze di Don Stefano Nastasi, ex Parroco di Lampedusa e M. Giacomello del Consorzio Comunità Brianza.
Conduce la serata L. Geronico, giornalista di “ AVVENIRE”

Vi aspettiamo. Entrata libera.

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Non accettate nulla come verità che sia privo di amore.
E non accettate nulla come amore che sia privo di verità!
L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva.
(S. Teresa Benedetta della Croce).

COMUNITA’ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA della CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
S Giuseppe Artigiano – SS. Pietro e Paolo
LISSONE

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