IV° Domenica di Avvento: Mettere al centro la persona. Omelia dell’Arc. MARIO DELPINI

Dalla mitezza dell’ingresso a Gerusalemme del Messia, a dorso di un puledro, narrato nel Vangelo di Marco, prende avvio la riflessione dell’Arcivescovo.

E se il gran Re stabilisse il suo trono sulla mansuetudine? (Is 16,5)

E se provassimo?

   1. E se provassimo a costruire la città e la convivenza intorno alla fragilità?

E se il proposito fosse di stabilire un trono sulla mansuetudine? E se si immaginasse che la Rivelazione della signoria del Dio altissimo avesse la forma del Signore che ha bisogno del puledro per entrare nella sua città?
E se il fondamento del convenire dei molti per l’impresa comune non fosse la volontà di potenza, non fosse la presunzione che si vanta delle proprie forze e risorse, non fosse l’orgoglio che vuole sfidare il cielo, ma la compassione che si commuove per chi soffre e vuole offrire un conforto, un aiuto, un soccorso?

E se le risorse meravigliose scoperte dalla scienza in ogni angolo del creato e la potenza stupefacente della tecnologia non fossero orientate a moltiplicare i guadagni, ad accumulare tesori, a imporre un dominio, ma a essere l’occhio per il cieco, la stampella per lo zoppo, la voce per il muto?

E se la fierezza che attira ammirazione ed emulazione non consistesse nell’imporsi all’attenzione degli altri esibendo la propria potenza o lo sperpero delle risorse o il culto della propria immagine, gli uomini e le donne fossero fieri, invece, della condivisione del pane, nell’assistenza al malato, della promozione della cultura di tutti, della bellezza regalata alla città, della festa preparata per ogni bambino che nasce?

E se chi programma il futuro mettesse in agenda non la costruzione della cittadella dei privilegiati, non il paese dei balocchi per i bambini belli, sani, intelligenti e viziati, non i filtri raffinati per impedire di vedere i malati, i poveri, i morti, ma mettesse in agenda la costruzione di luoghi di incontro, di accademie di confronto per avventurarsi in nuove conoscenze, strutture di condivisione per tessere rapporti e sviluppare il prendersi cura gli uni degli altri?

E se il progresso della scienza non fosse governato da chi può pagare per rendere più potenti i potenti, più offensive le armi, più impossibile la pace, ma la scienza riuscisse a leggere nei suoi algoritmi una invocazione per una politica di pace, per una biologia di guarigione, per una economia di solidarietà?

E se…?

         2. Il trono sulla mansuetudine.

Quando considero la dedizione, la competenza, l’investimento di risorse e di passione di molti dedicati ai malati, di molti che operano nelle istituzioni sanitarie mi sembra di intravedere quello stabilirsi del trono sulla mansuetudine che annuncia il Regno di Dio.

Se il trono è stabilito sulla mansuetudine, se al centro della città sta l’uomo e la donna con il suo nome, con il suo volto, con il bene che può fare e il male che può soffrire, allora può risuonare anche in città il grido dell’esultanza: Osanna! Benedetto! Osanna!

Se al centro sta la persona, si può imparare a fare festa.

Se il trono è stabilito sulla mansuetudine, allora chi è malato, chi è anziano, chi ha bisogno di cure e di aiuto, non sarà considerato una spesa che grava sul bilancio dello stato, ma una mano da stringere, un dolore da alleviare, una sfida che la scienza deve raccogliere. Se al centro sta la persona, allora si può inventare una nuova economia. Se il trono è stabilito sulla mansuetudine, allora lavorare insieme non potrà essere sgomitare per fare carriera, ma collaborare per una impresa comune che renda più serena la vita di tutti. Se al centro sta la persona, allora si può immaginare un nuovo modo di lavorare.

Se il trono è stabilito sulla mansuetudine, allora il tempo non trascorre come un pungolo che costringe alla frenesia, non come una trappola che chiude in un parcheggio senza uscita, ma come l’occasione che chiama a progredire ancor di più, perché il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, … per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità … alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi (1Ts 3,12 ss). Se al centro sta la persona, allora si può vivere di speranza.

Se il trono è stabilito sulla mansuetudine e il Signore entra in città cavalcando un asino, molti ne saranno intimoriti e diranno: ma allora i prepotenti prevarranno, quelli che corrono sui cavalli passeranno avanti, quelli che non hanno scrupoli imporrano le loro pretese. Se il Signore è mite, le potenze mondane, i grandi della terra, coloro che decidono i movimenti dei capitali e condizionano i destini dei popoli, rideranno di lui, lo ignoreranno, costruiranno la loro torre per sfidare il cielo e bestemmiare Dio.

E che cosa risponderemo?

Faremo come i discepoli mandati a sciogliere l’asino, diremo: il Signore ha bisogno di questa mitezza. E noi crediamo più al Signore che alle paure e alle minacce; noi crediamo che sia più saggio costruire il trono sulla mansuetudine che spaventarci per il tiranno. Il tiranno sarà estinto, i distruttore scomparirà dalla regione.

Noi continuiamo a celebrare il Signore che viene con opere di bene, noi continuiamo a credere che un popolo che mette al centro il bisogno dell’altro e vive in modo da piacere a Dio ha la forza, ha la pazienza, ha la fierezza di resistere al male e di annunciare che è vicino il Regno di Dio.

Osanna!

Benedetto! Osanna nel più alto dei cieli!

Se vuoi vedere il video dell’omelia clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=dxsidglctSU&feature=youtu.be

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