In ricordo di Padre ERNESTO AROSIO di Don Tiziano Vimercati – Parroco

 

Domenica 4 novembre P. Ernesto Arosio, missionario lissonese, ci ha lasciato per raggiungere la casa del Padre.
Aveva 86 anni, di cui ben 52 passati nelle missioni nel sud del Brasile. Fu insegnante, parroco in diverse parrocchie, impegnato nell’animazione missionaria, iniziatore della rivista “Mondo e Missione” in lingua portoghese. Contribuì in modo determinante alla costruzione di parecchie strutture, chiese, case e locali per la catechesi, a servizio delle comunità cristiane.

Martedì 6, nella chiesa prepositurale, abbiamo celebrato il funerale. Offriamo a tutti il testo della riflessione.

Quando a un funerale partecipa tanta gente la cosa ci fa piacere, ci dona un po’ di pace e di consolazione. Sappiamo che in fondo non vuol dire molto e può essere ingannevole, eppure ci consola. Potrebbe voler dire che la persona che stiamo salutando ha lasciato delle tracce di bene, ricordi di momenti passati insieme, relazioni positive coltivate e custodite.

Un missionario che passa più di cinquant’anni in missione e poi torna in Italia perché ormai segnato dalla malattia, non ha attorno a sé, nel giorno del suo funerale, tutte quelle persone che ha incontrato, conosciuto e amato e da cui è stato amato. Povero fino in fondo, pellegrino fino alla fine.

Invece penso che non sia così. Già questa mattina, nella casa di riposo per i missionari del Pime, a Rancio di Lecco, una cinquantina di sacerdoti hanno concelebrato l’eucaristia in suffragio di Padre Ernesto Arosio.

Ma soprattutto credo che qui, in questa chiesa, P. Ernesto veda la presenza dei cristiani a cui ha annunciato il vangelo; dei parrocchiani delle varie parrocchie in cui è stato inviato a cui ha voluto bene ed è stato per loro un pastore e un Padre; vede coloro che hanno ricevuto del bene attraverso la stampa missionaria della rivista Mondo e Missione in portoghese, da lui realizzata, e attraverso l’azione missionaria svolta a S. Paolo; vede le donne piegate dalla fatica, dai dolori, dalla vecchiaia, a cui ha dedicato anche solo un momento e qualche parola di comprensione, rendendole un po’ serene e importanti; vede gli uomini spesso anche loro segnati dalla fatica, da vite difficili e spesso complicate a cui ha rivolto una parola magari di rimprovero ma senza togliere la speranza; vede i bambini che ha incontrato a cui ha cercato di dare un po’ futuro; vede le tante persone che ha accompagnato nell’ultimo viaggio verso la casa del Padre.

E vede tanti altri, per lui importanti, di cui noi non sappiamo nulla.
Vede anche qualche lissonese a cui ha donato la testimonianza di una vita spesa per il Signore e per i fratelli: anche a noi sta facendo del bene. Allora c’è tantissima gente qui in chiesa, oggi, talmente tanta che anche il sagrato e le vie attorno alla chiesa ne sono piene. C’è la chiesa universale, in particolare le chiese italiana e brasiliana, ci sono i santi, gli amici, le persone care già da tempo morte: stanno accompagnando il nostro fratello Ernesto nell’incontro con il Padre. Che in fondo è il desiderio che deve animare ogni cristiano, ogni sacerdote, ogni missionario. Anche il missionario è un semplice cristiano che si lascia afferrare da Cristo, un uomo che si innamora del vangelo, che percepisce nel profondo del suo cuore che potrà trovare ristoro, acque tranquille e che nulla gli mancherà, solo seguendo Cristo.

“Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Il missionario trova la forza di lasciare tutto, di andare a vivere in culture e situazioni diverse dalla nostra, spesso per noi difficili anche solo da capire, alle volte osteggiati e mal sopportati: la forza la trova perché ha scoperto il grande tesoro che è il Signore Gesù. Non conta troppo ciò che si lascia, ma ciò che si trova e di cui si vive.

Il missionario si fida di Gesù, vuole essere come lui, si lascia condurre ad acque tranquille. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. “Andate in tutto il mondo e ammaestrate tutte le nazioni”. Per P. Ernesto si è realizzato nel partire, nel lasciare tutto e partire per annunciare il vangelo, per testimoniare la bellezza di una vita donata ogni giorno al Signore e ai fratelli.

E’ una cosa splendida annunciare il vangelo per le vie del mondo. Ci si sente dentro a un’avventura più grande di noi, a una meravigliosa storia che ci precede e che continuerà anche dopo di noi. Anche se in questa splendida avventura occorre mettere in conto le fatiche, le sofferenze, le crisi, lo scoraggiamento.
Il missionario non è l’eroe impavido che non teme nulla e trionfa in ogni occasione: è un uomo con debolezze e fragilità, bisognoso anche lui di aiuto e di sostegno. Forse anche P. Ernesto qualche volta si sarà rivolto al Padre con lo stesso grido di Gesù sulla croce: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?

Qualche volta si sarà chiesto di fronte all’ingratitudine e alle incomprensioni: ma ne vale la pena? Che senso ha essere servi, donare la propria vita e il proprio sangue se neanche è compreso e apprezzato? “Ma tu sei con me, il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza, anche se dovessi camminare in una valle oscura”. Ora è giunto il momento della gioia, pur nel dolore del riscatto.
E’ il momento della gioia perché ora P. Ernesto è seduto alla mensa che il Signore ha preparato per lui, il suo capo è profumato con l’olio, il suo calice è colmo.

Ora starà per sempre nella casa del Signore.

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COMUNITA´ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
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S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano
LISSONE

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