67° Giornata Mondiale dei malati di Lebbra – 26 Gennaio 2020

Ho creato la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra per sensibilizzare, mobilitare, scandalizzare l’opinione pubblica in favore di queste povere persone che hanno tutti i titoli e i diritti di essere considerati per quello che sono: degli uomini! (Raoul Follereau)

Ancora oggi ogni 2 minuti una persona nel mondo è colpita dalla lebbra.

Quando si contrae la lebbra é fondamentale agire con urgenza per evitare che la malattia progredisca e provochi danni irreparabili che portano alla disabilità. I più a rischio sono i bambini: purtroppo le statistiche ci dicono che negli ultimi anni il rallentamento dell’attenzione verso questa antica malattia porta a diagnosi tardive che si riflettono in primo luogo proprio su di loro, i bambini.

Cause e cure della lebbra

Le cause principali della malattia continuano ad essere la povertà, l’assenza di servizi sanitari, d’igiene e di alimentazione, ma anche l’ignoranza e i pregiudizi culturali Si trasmette attraverso le vie respiratorie, non è ereditaria e, contrariamente a quanto forse si crede, è una malattia poco contagiosa. La cura è lunga ma efficace: la Commissione Medica della Fondazione Follereau ha messo a punto, in collaborazione con l’Oms, una terapia multifarmaco (MDT) composta da tre antibiotici che uccidono il batterio responsabile. Il trattamento guarisce la persona ammalata di lebbra in un periodo da 6 o 12 mesi, ma non ripristina le disabilità conseguite.

Ridare dignità alla persona e combattere l’emarginazione

Non solo curare il malato, ma ridare la dignità alla persona: questo ciò che è necessario. E questo significa il rientro del malato, dopo le cure, nel suo villaggio, rientro però non sempre scontato. Diciamo che oggi la lebbra sotto questo punto di vista è molto meno emarginata di quando Follereau negli anni 60 iniziò la sua battaglia. Sicuramente l’ignoranza ha però un peso notevole nei confronti dei malati, quindi non si tratta semplicemente di curarli ma di curare anche la società in cui si trovano.
Quando un malato arriva da villaggi isolati, dove non c’è informazione sulla malattia, si vivono ancora problemi di forte respingimento ed esclusione. Vogliamo però sottolineare come questo rientri in quello che Follereau chiamava “… lotta non solo alla lebbra, ma a tutte le lebbre che sono ben più gravi: l’esclusione sociale, l’abbandono.” Noi crediamo che oggi un migrante nei nostri Paesi sia un lebbroso forse più escluso dei malati stessi nei Paesi africani, nel senso che quel concetto che ci porta a rifiutare la persona che viene da un Paese diverso, che ha una pelle diversa, è un concetto di lebbra veramente emarginante e purtroppo sono le lebbra del nostro tempo.

Noi dobbiamo imparare a non desiderare sempre di più, a vivere con il necessario che soddisfa i nostri bisogni e quindi a imparare anche a rapportarci con le altre persone, convivere nel rispetto reciproco, sapendo che abbiamo bisogno uno dell’altro e dobbiamo imparare a camminare insieme, ad andare tutti verso un’unica direzione: la direzione del rispetto, della dignità, dei diritti e dei beni comuni dell’intero pianeta.

Chiesa e malati di lebbra: 610 lebbrosari nel mondo

Secondo i dati dell’Annuario Statistico della Chiesa, la Chiesa cattolica gestisce nel mondo 610 lebbrosari.
Questa la ripartizione per continente: in Africa 192, in America 55 (totale), in Asia 352, in Europa 10 e in Oceania 1. Le nazioni che ospitano il maggior numero di lebbrosari sono: in Africa: Repubblica Democratica del Congo (30), Madagascar (25), Kenya (21); in America del Nord: Stati Uniti (2); in America centrale: Messico (9); in America centrale-Antille: Haiti (4); in America del Sud: Brasile (19); in Asia: India (243), Indonesia (63), Vietnam (13); in Oceania: Papua Nuova Guinea (1); in Europa: Germania (6), Polonia (2).
La Chiesa missionaria ha una lunga tradizione di assistenza verso i malati di lebbra, spesso abbandonati anche dai loro familiari, ed ha sempre fornito loro, oltre alle cure mediche e all’assistenza spirituale, anche possibilità concrete di recupero e di reinserimento nella società. In molti paesi è ancora grave la discriminazione verso questi malati, per la presunta incurabilità della malattia e per le tremende mutilazioni che provoca.

I santi che hanno dato la loro vita per i lebbrosi

Oggi vogliamo ricordare il Beato José Gabriel del Rosario Brochero fu un sacerdote dell’Arcidiocesi di Córdoba, in Argentina. Destinato nel 1869 come parroco della cittadina di San Alberto, migliorò la vita dei suoi parrocchiani in tutti i campi, senza trascurare quello spirituale.


Fu semplicemente chiamato “el cura gaucho” (“il prete gaucho”) perché, come i famosi cavalieri argentini, percorreva chilometri e chilometri a dorso di mula, per farsi vicino a tutti. Condivise la condizione dei suoi fedeli fino ad arrivare a contrarre la lebbra, per aver bevuto dell’infuso di erba mate con alcuni ammalati. Tornato nel suo paese natale, fu reclamato indietro dalla sua gente e morì il 26 gennaio 1914, nella città di Villa del Tránsito, che due anni dopo, in suo onore, fu rinominata Villa Cura Brochero. Fu dichiarato venerabile da SAN GIOVANNI PAOLO II° nel 2004 ed è stato beatificato il 14 settembre 2013 da PAPA FRANCESCO.

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S. Teresa Benedetta della Croce



COMUNITA´ PASTORALE
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano
LISSONE

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