Tutto il resto crolla di Don Tiziano Vimercati – Parroco

Don Tiziano Vimercati – Parroco

Ho trovato molto interessante un messaggio del vescovo di Pinerolo, Derio Olivero.
Parole pronunciate quando ancora si trovava in terapia intensiva, dopo aver contratto il coronavirus. Le sue condizioni erano gravissime: è stato intubato e poi sottoposto a tracheotomia. Ora, lentamente, si sta riprendendo. Le sue parole possono far bene a tanti di noi.                                   

S. Ecc. Rev. Mons. DERIO OLIVIERI

È stata un’esperienza davvero dura e ho camminato due o tre giorni con la morte, lucidamente con la morte. Però ne sono fuori e quindi sono grato, felice. Piano piano, con un po’ di riabilitazione, ritorno alla vita normale.
La cosa più bella che voglio dire è che ho sentito un’enorme vicinanza della gente, di tutta la mia diocesi e dei miei amici di Fossano.
Anche quando non potevo vedere il cellulare l’ho sentita. Quando poi ho aperto il cellulare veramente sono rimasto commosso da quanta gente mi è stata vicino, mi ha ricordato e da quanta gente ha pregato per me. Tutti. Veramente questo mi ha commosso. Ed è una cosa bellissima che mi porterò in cuore.
In particolare mi ha commosso il fatto che anche la comunità valdese, la comunità ortodossa e la comunità musulmana hanno pregato per me: che bella esperienza di ecumenismo, di rapporto interreligioso. Davvero molto bella.
Quando si è di fronte alla morte mi sono reso conto di questo: sono stato due giorni, non so, due giorni e mezzo lucidamente con la certezza di poter morire e mi sono reso conto che due cose contano.   Due: la fiducia in Dio e le relazioni.
La fiducia in Dio non mi ha abbandonato. Anzi, grazie a quella, sono stato sereno dal primo giorno fino ad oggi.
E le relazioni, gli affetti.

Tutto il resto crolla.
È curioso che quest’anno il tema della diocesi sia «le relazioni».
Le ho davvero sperimentate. Le relazioni sono vitali, ti tengono su, ti fanno vivere. E io posso proprio dirlo: mi hanno fatto vivere. È grazie anche a tutte queste relazioni, questi affetti, alla preghiera di tanti che sono ancora vivo”.  + Derio Olivero         

Non ho intenzione di commentare queste parole. Raggiungono con facilità il cuore di tutti. Desidero solo condividere alcuni pensieri, forse troppo semplici, che mi sono passati per la testa.

Spesso sento dire che l’uomo moderno censura la morte, non ne parla volentieri, cerca di nasconderla. Tanti segni ci dicono che è davvero così.
Di una persona che muore, preferiamo dire che è mancato, ci ha lasciati, non è più con noi, al posto del più semplice e corretto è morto.
Paura, sgomento, dispiacere di dover lasciare la vita che, anche quando è faticosa, è pur sempre una splendida avventura.
La si vorrebbe cancellare, la morte.
I nostri occhi hanno visto i camion che da Bergamo trasportavano le bare dei morti per coronavirus: un pugno nello stomaco, una immagine che non vorremmo mai più vedere e che non dimenticheremo facilmente.
Sulla tomba di un famoso cantante italiano troviamo questo epitaffio: “Vita sei bella, morte fai schifo”.
Forse la temiamo troppo. Così mi diceva pochi giorni fa un marocchino, mentre commentavamo i numerosi morti di ogni giorno: mi sembra che voi italiani abbiate troppa paura della morte, da noi non è così.   Con la morte i conti, prima o poi, li dobbiamo fare tutti.  Qualche volta in modo inaspettato e devastante.
Ho camminato due o tre giorni con la morte: così il
vescovo di Pinerolo.
E’ il momento in cui si comprende che la morte non è solo una possibilità per gli altri e che non si è invincibili. Ricordarmi che arriverà anche per me il momento della morte aiuta a spendere meglio ogni momento della vita e apprezzare ogni minuto che mi è donato.

Con la certezza di poter morire e mi sono reso conto che due cose contano. Credo che di fronte alla morte, almeno con sè stessi, non si può che essere sinceri. Si capisce se ciò per cui abbiamo lottato era di valore o illusione; potremmo accorgerci di quante energie spese per ottenere l’effimero e quante poche per gustare ciò che, invece, conta.
Mi fido di monsignor Olivero quando dice: due cose contano, la fiducia in Dio e le relazioni.
Non è scontata la fiducia in Dio, neanche per un vescovo.
Non si improvvisa, non è un concetto astratto da tirar fuori quando serve. Se l’aver fiducia in Lui non è stata l’esperienza di una vita ma puro concetto senza contenuto, nel momento della prova e del dolore svanisce, non la si vive, semplicemente perché non c’è mai stata.
Il vangelo di oggi ci ricorda che il Signore dimora in noi se sappiamo amarlo e accoglierlo. Anche se aver fiducia in Dio non ci esonera dall’essere protagonisti, nella realtà è fin troppo facile ritenerci gli unici artefici della nostra vita, non bisognosi di nulla, spesso con deliri di onnipotenza.

Ci dimentichiamo che ogni uomo è un mendicante bisognoso di stendere la mano verso Dio e i fratelli.
Ci sono momenti in cui è solo la mano misericordiosa Dio che ci può afferrare.
Insieme alle mani dei fratelli che ho saputo accogliere e amare e da cui mi sono lasciato amare.

E’ la seconda cosa per cui vale la pena vivere: la relazione con i fratelli vivendo in loro compagnia.
Non solo perché ne ho bisogno e mi possono sostenere nelle difficoltà, e neanche perché loro possono aver bisogno di me.
Semplicemente perché stiamo camminando insieme, ci siamo incontrati, insieme possiamo essere migliori, perché c’è qualcosa di grande che ci unisce, l’essere uomini e figli di Dio.

Se ci penso bene mi sembra che queste due cose che contano siano in realtà l’unico comandamento che Gesù ci ha lasciato: Ama il Signore Dio tuo e ama il prossimo tuo come te stesso. 

EDITH_STEIN_UFFICIALE_1_m
S. Teresa Benedetta della Croce

Io sono dell’opinione 
che la mia vita 
appartenga alla comunità,
e fintanto che vivo
è un mio privilegio 
fare per essa tutto quello
che mi è possibile.
( George Bernard Shaw )

COMUNITA´ PASTORALE
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano
LISSONE

I commenti sono chiusi.