2 Giugno: Festa della REPUBBLICA ITALIANA

San Giovanni Paolo II° ha sviluppato un imponente pensiero sulla nazione e sulla patria, lasciato in eredità nell’opera “Memoria e identità” ma presente nelle sue principali encicliche sociali.
Nel 1989 egli aveva parlato alla Polonia di “Europa delle patrie” e all’assemblea generale dell’ONU nel 1995 disse che le culture delle nazioni sono come delle strade che conducono tutte, per vie diverse, alla medesima natura umana.

Oggi è martedì 2 giugno è la Festa della Repubblica, cioè il riconoscimento della nostra forma di Stato, delle garanzie di libertà e di democrazia, dell’impianto che è riuscito da un contrastato referendum popolare. La cronaca di questi ultimi trent’anni si è incaricata di appellare numericamente il profilo della Repubblica, la prima, la seconda e, forse, persino la terza.

Tendiamo a considerarli risvolti di opinione più che connotazione istituzionali. In altre parole più una rappresentazione, che una presentazione di un modello democratico, che nei suoi principi nelle sue fondamenta si richiama a quel giugno di 74 anni fa.

In questo momento, con l’emergenza sanitaria in atto, non si può parlare in astratto, ma piuttosto cogliere il valore della nostra democrazia repubblicana che ci permette, al di là del confronto e dello scontro, di vivere in un paese di garanzie, laddove lo Stato, con tutti suoi limiti, resta un presidio ineliminabile.
Ma come può una Repubblica che pure ha superato prove laceranti come il terrorismo, come i processi giudiziari, come decine di calamità devastanti, reggere ancora nel terzo millennio?
Interventi per modificare alcuni assetti non solo sono necessari, ma urgono e proprio il confronto tra i poteri, più acuto in queste settimane, sta lì a testimoniare, come la più parte dei costituzionalisti sostiene, che siamo una democrazia incompiuta.

Ma ponendoci per un attimo dalla parte del cittadino crediamo proprio che il richiamo drammatico del presente ci rende ciascuno responsabile di una riscrittura della dialettica diritti-doveri. Pensiamo alla compressione dei diritti individuali in questo lockdown per assolvere il dovere costituzionale di solidarietà.

Sono le stagioni, i lustri, i decenni di magra a farci capire che possiamo fidarci dello Stato se ci fidiamo noi stessi l’uno dell’altro.
Troveremmo davvero sprecato questo tempo buio se non cercassimo, insieme a una nuova luce, di salute, di lavoro, di benessere, di cogliere le profonde disuguaglianze che caratterizzano il mondo a ogni latitudine.

Si può dire che alla radice di tutti i documenti del Magistero della Chiesa si trovi il problema della libertà dell’uomo.
La libertà viene data all’uomo dal Creatore come dono e al tempo stesso come compito. Mediante la libertà, infatti, l’uomo è chiamato a scegliere e a realizzare la verità sul bene. Scegliendo e attuando un bene vero nella vita personale e familiare, nella realtà economica e politica, nell’ambito nazionale e internazionale, l’uomo realizza la propria libertà nella verità.

La libertà è se stessa nella misura in cui realizza la verità sul bene. Solo allora essa medesima è un bene. Se la libertà cessa di essere collegata con la verità e comincia a rendere la verità dipendente da sé, pone le premesse logiche di conseguenze morali dannose, le cui dimensioni sono a volte incalcolabili.

Non sappiamo se dopo questo periodo di pandemia da Covid 19 ci cambierà, ma di sicuro possiamo dire che non è l’idea di cambiare tutto che ci porterà lontano, ma l’impegno che ciascuno di noi faccia di tutto per cambiare qualcosa!

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