La VOCE del PREVOSTO – Passare per la porta stretta della Misericordia

Don Tiziano Vimercati – Prevosto della Comunità

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Potrebbe essere inquietante quanto dice Gesù nel vangelo letto nelle messe di oggi. “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”, risponde Gesù quando gli chiedono se quelli che si salvano sono pochi o tanti.
Strano che questa porta sia stretta, visto che ci introduce alla salvezza.
Strano, perché sappiamo che la Porta della salvezza è Cristo.
Strano, perché credo abbiamo ormai imparato che la misericordia-salvezza di un Dio che ci è Padre è davvero senza limiti.

Questa porta dovrebbe al contrario essere larghissima.
Eppure è stretta: però tutti ci possono passare perché è pura misericordia offerta a tutti.
E’ questa gratuità che la rende stretta.
Se dovessimo pagarla, la misericordia di Dio, ci costerebbe meno, non ci peserebbe.
Pagare qualcosa può essere molto più comodo che ricevere un dono.
Accogliere la misericordia di Dio significa riconoscere che in Lui sta la salvezza e non in noi, perdere ogni presunzione di autosufficienza e che della sua parola ne abbiamo veramente bisogno.
Occorre anche perdere la convinzione che ci possiamo salvare con le nostre azioni, le nostre opere buone, convinzione che rende falso lo stesso rapporto con Dio.
Vanno compiute, certo, ma non sono le buone azioni nostre a darci la salvezza, è solo la bontà di Dio. 
Oggi pomeriggio vogliamo compiere un gesto esprimendo la nostra fiducia nella misericordia di Dio, continuamente donata: presso la casa di Riposo, insieme agli ospiti, passeremo per la Porta Santa in occasione dell’anno del Giubileo.    
Un gesto molto ricco di significati: non solo fiducia nella misericordia divina, ma anche fiducia nel Signore che non abbandona nessun figlio e sa essere vicino soprattutto a coloro che soffrono e sono ammalati. Esprimeremo anche la vicinanza della comunità verso chi è ricoverato, intendiamo dire loro che ne fanno parte pienamente e che ancora possono fare molto per gli altri.           
Vorrei ricordare anche una notizia molto bella che ho letto poco fa sulle pagine di Avvenire, e che mi ha fatto pensare alla misericordia di Dio che, se accolta, ci trasforma e ci rende misericordiosi come il Padre.
Non cercatela sui giornali, non credo che la troverete. “Oggi tanti cristiani iracheni, su invito del Patriarcato caldeo, si uniscono per tutta la giornata al digiuno osservato dai loro concittadini musulmani durante il mese sacro del Ramadan”.
Una iniziativa che intende essere un segno di solidarietà con tutti i musulmani, per digiunare e pregare insieme chiedendo il dono della pace.
E questo è stato detto da una piccola comunità di cristiani che vive in mezzo alla grande maggioranza musulmana. 
“In questo modo”, dice il Patriarca “abbiamo solo voluto proporre un gesto cristiano: da cristiani, confidiamo che il digiuno e la preghiera, condivisi anche con gli altri, possono fare miracoli, mentre le armi e gli interventi militari ammazzano soltanto”. 
Il digiuno e la preghiera si accompagnano poi a un gesto di carità: i cristiani iracheni offrono un contributo di 50 mila dollari a favore dei profughi di Falluja e questa sera doneranno ai fratelli musulmani, come gesto simbolico, l’Iftar, il pasto di rottura del digiuno.
Sappiamo quanto i cristiani iracheni stanno soffrendo.
Sono sempre di meno perché per loro la vita si fa sempre più difficile e quasi impossibile. Eppure sanno pronunciare parole di pace e compiere gesti di solidarietà.
Chi sta lavorando davvero per la pace e per la convivenza civile?
Gli interventi militari ammazzano soltanto, dice il Patriarca iracheno.
In ogni caso riescono solo a imporre la legge del più forte. I cristiani iracheni ci stanno dicendo che la diversità può essere una ricchezza, che la tradizione religiosa di un popolo non deve far paura, perché se mi incontro con l’altro, nel rispetto reciproco, ne può venire solo un bene per tutti.
Abbiamo troppa paura e disprezziamo chi è diverso, e non soltanto chi è di un’altra religione, ma anche dei rom, dei gay, degli ex-carcerati, dei barboni, ecc…
Diventiamo così schiavi dei pregiudizi, e alimentiamo così un terreno dove cresce facilmente l’odio e attecchisce la volontà di distruggere.
Questo ci porta solo ad escludere, a deridere, e in fin dei conti a far del male.
Che alle volte diventa tragico.
Dovremmo fare più attenzione al rispetto che dobbiamo portare ad ogni persona, sempre, verso tutti e in ogni occasione.
Così, forse non dovremmo più ogni volta chiederci perché avvengono certe cose che ci sembrano mostruose (ma che, purtroppo, per qualcuno sono fatti di cui addirittura vantarsi).
Mi piacerebbe riprendere questi pensieri.

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COMUNITA´ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
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SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano
LISSONE

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