Mercoledì 20 giugno in tutto il mondo si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato. Appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite.
Ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo che, costretti a fuggire da guerre, violenze, fame e miseria, lasciano i propri affetti e tutto ciò che un tempo era parte della loro vita.
Soprattutto è un invito a non dimenticare mai che dietro ognuno di loro c’è una storia che merita di essere ascoltata. Storie di sofferenze, di umiliazioni, di soprusi e spesso anche di morte. Ma anche storie di integrazione, di migranti che si sono inseriti nella nostra società e ora sono una ricchezza per tutti, di presenze per noi ormai indispensabili. Il problema dei rifugiati, o migranti, non è nuovo, così come questa giornata non è stata inventata adesso.
Da tempo ormai conviviamo con la realtà dell’immigrazione, dove si intrecciano meravigliose vicende di accoglienza con episodi e atteggiamenti di chiusura e di gratuita cattiveria. Forse ciò che sta cambiando radicalmente negli ultimi anni è l’atteggiamento interiore con cui guardiamo all’immigrazione: sempre più duro, sempre più chiuso, in difesa di sacri valori che di solito però ci scaldano poco, di una cristianità più sbandierata che vissuta, di un vangelo che però mi sembra ci spinga a ben altro atteggiamento.
E’ triste servirsi del vangelo, magari senza neanche conoscerlo; è triste vedere che stiamo perdendo una tradizione di accoglienza, di disponibilità, e anche di carità cristiana che ci ha sempre contraddistinto, sia pure con fatica ed errori.
Mi sono piaciute le parole del nostro Presidente Sergio Mattarella pronunciate in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato: “Da tempo, l’Italia contribuisce al dovere di solidarietà, assistenza e accoglienza nei confronti di quanti, costretti a fuggire dalle proprie terre, inseguono la speranza di un futuro migliore per sé e per i propri figli. Obbedisce a sentimento di responsabilità l’impegno dei moltissimi concittadini che, sul suolo nazionale, nel Mediterraneo e in altre più lontane aree di crisi del pianeta, tengono vivo lo spirito di umanità che – profondamente radicato nella nostra Costituzione – contraddistingue il popolo italiano”.
Allargano il cuore, danno speranza, le parole: “lo spirito di umanità che contraddistingue il popolo italiano”. Parole capaci di costruire ponti e non di erigere muri; capaci di farci incrociare lo sguardo dell’uomo sofferente, di vedere il nostro volto riflesso nei suoi occhi, di sentirlo amico, fratello. Altrimenti ci lasceremo vincere dalla paura, alimentata ad arte, e vedremo nemici dappertutto perché ci saranno sempre nemici che premeranno ai nostri confini, che in un modo o nell’altro insidieranno il nostro benessere, i nostri privilegi.
Fino a quando non impareremo a condividere. E qui sta il vero compito della politica: unire gli sforzi per garantire a tutti una vita dignitosa, il diritto di emigrare, se lo desiderano, ma anche il diritto di rimanere a casa loro, senza fare la fame però, senza subire violenze, guerre, e senza essere privati della libertà. Questo dovrebbe fare la politica, e non solo litigare sul numeri dei profughi da accogliere, facendo la voce grossa sulla pelle dei poveri. Spirito di umanità profondamente radicato nella nostra Costituzione, dice sempre il nostro Presidente.
Forse è vero che la nostra Costituzione è tra le più belle del mondo, se non la più bella: sono fiero di appartenere a una Nazione che alle sue basi ha saputo mettere uno spirito di umanità. E mi dispiace, mi addolora, lo vedo come un’offesa alla dignità umana, che una nazione modifichi la Costituzione mettendo fuori legge l’emigrazione per motivi economici e punendo con il carcere chi, anche indirettamente, la favorisca.
Mi dispiace che una nazione come gli Stati Uniti d’America per combattere l’immigrazione clandestina arrivi a separare i bambini dai genitori. Questo non si deve mai fare. Lo considero un reato molto più grave che non oltrepassare in modo clandestino una frontiera.
Sarà sempre troppo tardi quando capiremo che non è più possibile tenere lontani i poveri, che oggi una frontiera, per chi ha fame e non ha nessuna speranza per il futuro, può non voler dire proprio nulla. Sarà sempre troppo tardi perché troppo male ormai sarà stato inflitto, troppe mamme e papà piangeranno la morte dei figli, le mogli dei mariti, troppi orfani con il dolore di non aver conosciuto i genitori. Un dolore che durerà per tantissimo tempo, e che lascerà per lo più impuniti i responsabili.
Non ho la presunzione di credere di avere le soluzioni a portata di mano, ma credo che quanto detto dal Presidente Mattarella sia di grande respiro e saggezza, direi anche, questa volta sì, profondamente cristiano:
per governare i grandi spostamenti di esseri umani occorre prevenire i conflitti e mettere fine a quelli in corso, sostenere i Paesi di origine dei flussi aiutandoli a combattere carestie e malnutrizione, fornire adeguato sostegno ai Paesi limitrofi e alle aree soggette a ostilità.
In ogni caso spero che il popolo italiano torni ad essere animato da spirito di umanità che sempre lo ha contraddistinto.
E che i cristiani imparino a conoscere di più il vangelo e a lasciarsi plasmare dall’amore di Cristo.
COMUNITA’ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA della CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
S Giuseppe Artigiano – SS. Pietro e Paolo
LISSONE