Don Tiziano Vimercati – Parroco
Ogni anno ci chiediamo come mai oggi, domenica di avvento, la liturgia ci proponga la lettura di un brano di vangelo che associamo spontaneamente alla Pasqua, e precisamente alla domenica delle Palme.
In effetti, l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme, si pone in un contesto cronologico nell’imminenza della Pasqua, non certo del Natale.
Eppure ci sono diversi elementi che ci aiutano a leggere il mistero della nascita di Gesù, e ad accoglierla con cuore pronto e disponibile.
Ci aiuta, questo brano, a non fraintendere: un cristiano, a natale, come tutti, gusta la bellezza delle feste, la gioia di stare in famiglia, riceve e ricambia regali, magari, illudendosi, si sente anche un po’ più buono quel giorno; ma anche può soffrire per qualche lutto, o malattia sua o di qualche persona cara, di solitudine o rancore.
Ma una cosa deve distinguere il cristiano, e non la deve dimenticare, almeno lui: il natale ha senso se accogliamo Gesù, se lo lasciamo in quel primo posto che rende tutto vero e autentico.
Anche il semplice gesto di fare un regalo, quindi, può esprimere i sentimenti che furono di Gesù se, con quel regalo, intendo offrire qualcosa di me stesso, se intendo dire: per te ci sono, conta su di me.
Siamo aspettando Gesù che sta per venire ancora una volta: ma, come a Gerusalemme, verrà ancora una volta cavalcando un asinello.
Lo sappiamo da sempre: Gesù non cavalca un superbo destriero, come i re che sfoggiano potenza e ricchezza, e desiderano governare con mano ferma, e pretendono obbedienza e fedeltà assoluta. L’asino è visto come creatura umile che serve e porta su di sé un altro. Ci fu qualche re d’Israele che entrò in Gerusalemme cavalcando un’asina perché voleva mostrarsi come re che porta la pace. Gesù, cavalcando un asinello, non voleva presentarsi solo come re della pace, capace di cancellare le guerre e gli odi tra gli uomini. Intendeva ancor di più indicarci una direzione, uno stile di vita, come raggiungere ciò che più ci sta a cuore.
Non la ricchezza, non il potere, non lo sfarzo e il lusso, possono portarci verso la pace, queste cose ci regalano solo dolori, sofferenze, disuguaglianze, guerre e morte. Gesù, cavalcando un asinello, compie la scelta di offrire se stesso, ci regala la sua vita, si fa nostro servo.
Naturalmente chiedendoci di fare la stessa scelta, di accogliere Lui, il Servo, per essere a nostra volta servi, un dono per i fratelli.
Ecco perché ci aiuta questo brano di Vangelo: ci dice adesso, mentre aspettiamo la sua nascita, quando tutto ci spinge verso pensieri che ci tranquillizzano e l’atmosfera che ci circonda sembra lasciare spazio solo ai sentimenti, naturalmente quelli buoni, e a nascondere ogni impegno gravoso, che il Natale è sì un bambino che nasce, con tutta la tenerezza che lo circonda, ma è un bambino che si fa servo e che in realtà intende sconvolgere la nostra vita. Rendendola però, ancora più bella e degna di essere vissuta.
Come avverrà anche nella festa di Santo Stefano, il giorno dopo Natale: va bene contemplare il bambino, senza dimenticare che quel bambino è così importante per me, è un tesoro inestimabile per il quale si può offrire la vita.
Un ultimo pensiero sull’asino.
Capita di sentire che qualcuno pensando al suo rapporto con Gesù si paragoni all’asinello che ha portato Gesù sulla groppa.
Ricordo un cardinale francese, Roger Etchegaray, che in modo scherzoso si paragonò proprio a un asino.
Io vado avanti come un asino… come l’asino di Gerusalemme che divenne la cavalcatura regale e pacifica del Messia. Io non so granché, ma so di portare Cristo sul mio dorso e la cosa mi rende molto orgoglioso. Io lo porto, ma è lui che mi guida. Chissà quanto si sente sballottato il mio Signore quando inciampo contro un sasso! Ma lui non mi rinfaccia mai niente. La sua gentilezza e la sua pazienza verso di me sono meravigliose. Io vado avanti in silenzio: è incredibile come ci comprendiamo anche senza parlare! Io vado avanti nella gioia. Quando voglio cantare le sue lodi, faccio un baccano del diavolo: io canto stonato. Lui, allora, ride, ride di cuore e il suo riso trasforma le strettoie del mio cammino in piste da ballo e i miei pesanti zoccoli in sandali alati. Io vado avanti come un asino che porta Cristo sul dorso. Una volta un amico prete mi disse: ho cercato di fare l’asinello per tutta la vita, di portare Gesù sulle mie spalle.
Purtroppo qualche volta più che un asinello sono stato un somaro.
Purché si porti Gesù, va bene lo stesso.
COMUNITA´ PASTORALE
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
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LISSONE