Don Tiziano Vimercati – Parroco
Ormai da tantissimi anni i vescovi di Milano dedicano una particolare attenzione al mondo del lavoro. Ogni anno, in occasione del Primo Maggio, partecipano a una Veglia di preghiera con i lavoratori in qualche fabbrica o luogo di lavoro significativo.
In Curia esiste l’Ufficio della Pastorale del Lavoro, operante tutto l’anno (Ufficio diretto per molti anni da don Angelo Sala, lissonese, da poco tornato alla casa del Padre). Quest’anno il nostro vescovo Mario ha voluto incontrare i lavoratori, anche se a causa delle restrizioni, in forma ridotta.
Martedì 27 aprile, nel pomeriggio, si è recato in una ditta di Lissone, la Cleaf di Bareggia: ha incontrato i lavoratori, con loro ha pregato, ha condiviso una riflessione sull’importanza e la dignità del lavoro e ha lasciato un messaggio scritto molto interessante. Lo condivido con voi.
Inizia affermando che quest’anno è difficile chiamare “festa del lavoro” o “festa dei lavoratori” il Primo Maggio, perché ci sono troppe incertezze, troppe tensioni.
E’ vero: chissà cosa ne pensa di questa festa chi è senza lavoro, chi è eternamente precario, chi è sottopagato, chi ha ritmi di lavoro troppo pesanti, chi, a causa del lavoro, si è ammalato o è rimasto invalido. Tutto questo è vero, e l’amarezza di chi soffre è comprensibile e condivisibile.
Tuttavia credo sia possibile lo stesso parlare di “festa del lavoro” se intendiamo affermare quanto sia importante per lo sviluppo dell’umanità, quanto il lavoro significhi dignità per l’uomo, e ci impegniamo perché sia per tutti, e per tutti motivo di crescita.
E’ anche la “festa dei lavoratori”: in molti hanno saputo lottare, e pagare di persona per ottenere migliori condizioni di lavoro.
Li vogliamo ricordare e onorare, perché delle loro lotte e dei loro sacrifici, ne godiamo i benefici.
Ricordandoci che dovremmo continuare la lotta per chi, quei diritti, ancora non li gode.
Il nostro vescovo definirebbe questo giorno “promessa di una pagina nuova per il lavoro e per i lavoratori”: occorre proprio continuare l’impegno per un lavoro che faccia crescere l’uomo, che sia strumento di emancipazione, un lavoro che, svolgendolo, i lavoratori si sentano protagonisti del progresso, utili e necessari per il bene di tutti.
Dice il vescovo che ci sono alcune parole da scrivere.
Fiducia: confidare sulle capacità umane. Siamo in grado, possiamo farcela, se non ci lasciamo andare al lamento, alla critica, all’egoismo, e se sapremo rimboccarci le maniche, costruire una realtà lavorativa che esalta l’uomo.
Solidarietà: i diritti sono per tutti, ma dovrebbe essere di tutti anche l’impegno per ottenerli. Si ottiene quando si combatte insieme, essere uniti è la forza dei lavoratori.
E’ meschino non esporsi mai, evitare sempre di pagare di persona, evitare di dare il proprio contributo, pronti però a pretendere poi ciò per cui non si è fatto nulla.
Ed è meschino quando non ci importa dei diritti calpestati per tanti lavoratori semplicemente perché si gode di una buona posizione e quei diritti li abbiamo già ottenuti (con l’impegno di altri, però).
E’ meschino quando ci sembra perfino giusto che alcune categorie ne siano prive: profughi, ex carcerati, precari a vita, disabili. La solidarietà ci ricorda che nessuno deve rimanere escluso, nessuno si salva da solo, come ultimamente si sente troppo spesso dire (non so però con quanta convinzione).
Alleanza: tra tutti i soggetti della società per pensare e realizzare percorsi inediti nella direzione giusta. Tra le Istituzioni pubbliche che devono riscoprire il senso della loro esistenza: al servizio del bene comune per lo sviluppo del Paese.
Meno burocrazia e capacità di guardare avanti, dunque. Una burocrazia che ormai è un freno, una palla al piede, che si nutre di sé stessa, comoda per agire, o non agire, a proprio piacimento; una burocrazia che blocca e rende problematiche anche cose buone che andrebbero a beneficio della comunità; tutti ne parlano male ma molti se ne servono, perché fa comodo. Alleanza tra mondo del lavoro e della scuola, tra Istituti di credito e imprenditori.
Per tutti, vigilare per non lasciarsi affascinare dalla tentazione del denaro facile, dell’arricchirsi anche con mezzi illeciti.
Buon vicinato: “Ci sono povertà nascoste, ci sono solitudini desolate: chi abita nella porta accanto può riconoscerne i segni e tendere una mano” (Delpini), arrivare, cioè, dove le Istituzioni non possono arrivare.
Carità: lo sguardo che sa andare oltre, l’azione di chi si prende cura, la gratuità di chi si mette a disposizione accontentandosi di un grazie, e se manca anche quello si continua comunque.
Preghiera: non per delegare tutto a Dio.
Il cristiano può fare molto con l’aiuto di Dio, sentendosi animato dalla sua forza.
Ma deve comunque fare; ciò per cui prega diventa poi il suo impegno.
COMUNITA´ PASTORALE
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
SS. Pietro e Paolo – S. Giuseppe Artigiano