PAOLO IL COMUNICATORE

            

Anche chi conosce San Paolo solo per aver ascoltato le letture delle liturgie domenicali può rendersi conto che l’Apostolo aveva una personalità impetuosa, decisa, irruente.

Era un “convertito” e tutto l’ardore che prima aveva usato per perseguitare i crist

            

Anche chi conosce San Paolo solo per aver ascoltato le letture delle liturgie domenicali può rendersi conto che l’Apostolo aveva una personalità impetuosa, decisa, irruente.

Era un “convertito” e tutto l’ardore che prima aveva usato per perseguitare i cristiani in nome della Legge Ebraica, che tanto bene conosceva, lo mette poi al servizio dell’annuncio evangelico.
Alcuni commentatori esprimono l’ipotesi che ci sia stata una sorte di preparazione spirituale all’episodio di Damasco, una preparazione negativa data dall’insoddisfazione nel praticare la legge mosaica, o una preparazione positiva nel fascino esercitato su Saulo dai primi cristiani che incontrava e dall’annuncio della resurrezione.
Ma non è qui che vogliamo lasciarci andare a valutazioni dotte sulla figura di Paolo. Quello che ci interessa di lui sono le sue doti di comunicatore, apprezzabili, anzi imitabili, anche oggi.

La prima caratteristica, la più evidente e famosa, è l’uso della lettera.

Paolo la usava come sostituto della sua persona quando non poteva raggiungere le comunità che gli erano care. E in questi scritti non si limitava ad esortazioni generali, entrava nelle questioni pratiche come se fosse veramente presente a Efeso o a Corinto, ricordava questo o quel particolare delle persone alle quali faceva raccomandazioni, non mancava mai di dire quanto gli dispiacesse di non essere lì e prometteva una sua prossima venuta.

Due notizie curiose:

Le lettere di Paolo sono le più lunghe della storia del suo tempo. Una lettera privata era di solito brevissima contando da 18 a 209 parole, le lettere di Cicerone hanno una media di 295 parole, mentre le 13 lettere dell’epistolario paolino hanno una media di 2500 parole. Scrivere una lettera, a quei tempi era un’operazione complessa bisognava solcare con uno stiletto la pergamena o il papiro e più erano le parole più i giorni impiegati per la stesura.
Paolo sapeva scegliere il momento opportuno per inviare le proprie missive. Per esempio da Corinto nel 51 d.C. è plausibile che abbia sfruttato la grande affluenza di popolo per i Giochi dell’Istmo e l’organizzazione del servizio postale proprio per quell’evento che coinvolgeva tutte le province della Grecia.

Chissà che cosa non avrebbe fatto il nostro grande Apostolo se avesse avuto a disposizione le attuali e-mail ?

Seconda caratteristica di comunicatore era la capacità di contatti personali.
Sicuramente Paolo aveva il dono di ricordarsi il nome e il volto di molte delle persone che incontrava. Nella sua bottega di “fabbricatore di tende” (At 18,3) accoglieva le persone toccate dalla sua parola e formava i propri collaboratori con insegnamenti personalizzati, dando le direttive per quando, andandosene, avrebbe affidato a loro la conduzione della comunità cittadina.
Corsi di managment, si direbbe oggi, l’aggiornamento dei quadri direttivi… regole di efficienza produttiva applicate all’evangelizzazione.
Non disdegnava gli inviti nelle case private, a quel tempo le case dei ricchi erano spesso centro di attività culturali perché i proprietari si onoravano di ospitare filosofi, conferenzieri o letterati di fama.
Paolo non perdeva nessuna occasione per annunciare il messaggio di Cristo, e la casa diventava un passaggio obbligato quando nelle sinagoghe e nelle piazze gli veniva impedito di parlare.

Terza e ultima, ma non in ordine di importanza, caratteristica del nostro comunicatore: Paolo era pienamente inserito nella realtà del proprio tempo.

Non era un asceta, un mistico, un predicatore dai toni cattedratici. Traeva dalla vita reale le sue similitudini, basta pensare al paragone dell’atleta nella Lettera ai Filippesi 3,12-14, o all’uso di termini militari. Interessante anche l’uso di parole come “maledizione” (Gal 3,13), “peccato” (2Cor 5,21) e “scandalo e follia”” (1Cor 1,23) riferite a Gesù crocifisso che lasciano intravedere con quanta furia il Paolo pre-cristiano si batteva contro colui che a Damasco gli fu rivelato.

Insomma un personaggio così avrebbe sfondato anche nel mondo dei media attuali. nel suo tempo non era riuscito a conquistare la piazza come Socrate, ma oggi avrebbe avuto tutte le caratteristiche per sovrastare presentatori,conduttori, politici e quant’altro appare sulle casalinghe reti TV. 

E Pietro?

L’altro grande Apostolo, di cui festeggiamo la memoria, molto probabilmente non era un parlatore come Paolo, anche se non rifiutava la disputa dialettica, lo testimonia il libro degli Atti. E non ha una produzione letteraria paragonabile a quella paolina.
Ma Pietro è “la roccia” sulla quale si fonda la Chiesa. Una pietra non parla, sta lì, a sorreggere l’edificio, ad arginare il fiume, a tracciare il sentiero o a delimitare il campo per evitare che ci siano contestazioni.
Chiudete gli occhi e provate a pensare a tutte le pietre che vi vengono in mente… dalle piramidi a Stonhenge, dall’acciottolato lucido di Piazza San Pietro a Roma agli altrettanto lucenti massi di un torrente di montagna… Non nasce forse la sensazione di aver trovato finalmente una stabilità duratura e inattaccabile da qualsiasi dubbio, da qualsiasi moda, da qualsiasi atteggiamento dettato dall’ “ormai fanno tutti così!”.

Cima

Le idee su San Paolo sono tratte da PAOLO, COMUNICATORE di Gianfranco Biguzzi ed. Paoline

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