IL LINGUAGGIO SPLENDENTE DELLE ICONE

Nella foto icona a mosaico realizzata presso l’Istituto Auxilium di Roma da P.M.Rupnic e S.Radaelli

Mi piacerebbe lanciare un sondaggio tra i visitatori di questo sito: le immagini sacre aiutano a pregare?

Nella foto icona a mosaico realizzata presso l’Istituto Auxilium di Roma da P.M.Rupnic e S.Radaelli

Mi piacerebbe lanciare un sondaggio tra i visitatori di questo sito: le immagini sacre aiutano a pregare?

Se sì, quali immagini sono più adatte?

Le diafane madonne dei messaggi di Medjugorje o i barbuti e burberi Padre Pio?

Le sorridenti Madri Teresa di Calcutta o gli antichi santini di quell’Antonio di Padova che è rivendicato anche da Lisbona?

E ancora, che ne dite degli ieratici personaggi delle icone provenienti dalla tradizione della Chiesa d’Oriente?

Sono d’accordo fin d’ora con chi dirà che le icone sono difficili da capire e anche da apprezzare. Credo che il linguaggio usato in queste tavole di legno non sia quello più abituale per noi appartenenti alla Chiesa Cattolica Romana così ricca di opere d’arte religiosa che si ispirano alla realtà umana. Credo che se rimaniamo estasiati di fronte alla pietà di Michelangelo in San Pietro e ci figuriamo un Dio come quello dipinto nella Cappella Sistina … non riusciamo proprio a mandar giù le sembianze degli angeli nell’Icona della Trinità di Rublev.

Ma sono del parere che una qualsiasi esperienza visiva (dall’immagine sacra al cinema) abbia bisogno di essere approfondita con elementi di maggiore conoscenza per essere pienamente apprezzata. Di fronte ad un tramonto gli antichi pensavano che il sole venisse loro rubato e avevano solo paura. Noi sappiamo che è l’atmosfera a rifrangere i colori e ringraziamo che ci fa anche respirare. Se andiamo al cinema conoscendo le abitudini del regista non ci infastidiranno le lentezze di Olmi o gli affanni del montaggio di film come Black Hawk Down.

Davanti ad una icona bisogna compiere la stessa operazione di approfondimento e conoscenza. Un icona si scrive e si legge, non si guarda, perché è Parola di Dio. E’ uno strumento per conoscere le verità di fede e per pregarle. Ogni particolare, a cominciare dall’impianto figurativo, ha un preciso significato e soprattutto un riferimento biblico. I colori non sono messi a caso: il verde è simbolo della vita, il rosso del martirio, il blu della trascendenza… Il loro intrecciarsi nelle vesti dei protagonisti ha un senso preciso.

Per esempio ricorda la natura divina e umana di Cristo, oppure la sua missione redentrice ormai compiuta (la stola che porta al collo). Gli sfondi paesaggistici, così innaturali, costituiscono parte integrante dell’esegesi biblica: le rocce indicano la stabilità della Chiesa, gli alberi il dono della vita, il nero delle grotte la morte vinta da Gesù…

Non potremmo, per questa Quaresima, scuoterci dalla tranquillità delle raffigurazioni sacre cui siamo abituati, che non coinvolgono più di tanto la nostra comprensione, perché sono già lì con i loro volti di cera o le stimmate ben visibili, e porci davanti ad una icona per misurare con gli occhi i profondi significati della Parola di Dio?

La Parola si farà nostra e non solo ascoltata distrattamente o pregata per consuetudine, E i colori splendenti dell’icona faranno riaffiorare con naturalezza le parole di lode dei salmi o quelle di esultanza del Magnificat, le implorazioni disperate del Getsemani o le richieste di perdono gridate da Pietro: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!”. (Lc 5,8)


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