L’EUCARISTIA NEL GIORNO DEL SIGNORE.

Dalla corrispondenza”eucaristica” di due fidanzati (dalle lettere di GIANNA BERETTA MOLLA scritte al futuro marito Pietro nei mesi precedenti il matrimonio)

“…Mi alzo al mattino alle ore

Dalla corrispondenza”eucaristica” di due fidanzati (dalle lettere di GIANNA BERETTA MOLLA scritte al futuro marito Pietro nei mesi precedenti il matrimonio)

“…Mi alzo al mattino alle ore otto perché alle otto e mezzo c’è la Santa Messa. Credi, non ho mai gustato tanto la Messa e la Comunione come in questi giorni… Il Signore è tutto per me e per te, perché ormai dove sono io ci sei anche tu…

gianna 2.JPG - Gianna Beretta Molla 2

…Mi sei sempre presente, cominciando dal mattino quando, durante la Messa, all’Offertorio, offro il mio, il tuo lavoro, le tue gioie, le tue sofferenze…
…Che diresti se per poter prepararci spiritualmente a ricevere questo Sacramento facessimo un triduo? Nei giorni 21, 22 e 23, Messa e Comunione…
…Con l’aiuto e con la benedizione di Dio faremo di tutto perché la nostra nuova famiglia possa essere un piccolo Cenacolo dove Gesù regni sopra tutti i nostri affetti, desideri e azioni…
…Mancano pochi giorni e mi sento tanto commossa ad accostarmi a ricevere il Sacramento dell’Amore. Diventiamo collaboratori di Dio nella creazione…”.

N.B – Oso chidere di dare lettura attenta e “chiosata” dei paragrafi “concreti” dove il Cardinale suggerisce (!) iniziative precise. E´ su questi punti che ci fermeremo nella serata del Consiglio Pastorale Unitario convocato nella serata di martedì 28 settembre 2004 alle ore 21 in casa canonica.   

 Don Pino Caimi.

Ecco la lettera del CARDINALE:

Carissimi,
sotto lo sguardo dolce e penetrante di Maria, che oggi veneriamo nel mistero della sua nascita come “aurora vivente” di Cristo Signore “sole di giustizia”, iniziamo il nuovo “anno pastorale”.

I “sentieri” da percorrere

Alla “meta” di diventare sempre più una “comunità eucaristica in stato di missione” possiamo giungere seguendo alcuni “sentieri”, destinati a far sì che la “grazia” e il “compito” missionari dell’Eucaristia diventino vita vissuta, carne della propria carne.

Il primo di questi “sentieri” consiste nel «promuovere e assicurare l’alta “qualità celebrativa” dell’Eucaristia» (cfr. Mi sarete testimoni, nn. 42-45).

Ecco una grande sfida, che non si risolve affatto con il puro “ritualismo liturgico”, perché c’è in gioco molto di più. In gioco c’è il senso più vero e più bello della liturgia cristiana, ossia il mistero, il mistero di Cristo salvatore che per amore gratuito si dona tutto a noi e che da noi attende di essere liberamente accolto attraverso una fede professata-celebrata-vissuta.
Siamo tutti chiamati a far sì che la celebrazione rituale dell’Eucaristia rispetti le “norme liturgiche”, sia guidata dalla “sapienza celebrativa” – anzitutto da parte dei presbiteri che presiedono –, avvenga nel dovuto “decoro” e apra il cuore allo “stupore”. Se così avverrà, chiunque partecipa o assiste alle nostre Messe potrà dire, «con stupore, meraviglia e gratitudine: “qui c’è Dio, qui Dio è con l’uomo, qui Dio è veramente tra noi!”» (Mi sarete testimoni, n. 43).

Il rito eucaristico, però, deve entrare nella vita di ogni giorno, deve farsi “trasparenza” del mistero celebrato, e dunque manifestazione concreta della presenza di Cristo e del dono di una salvezza che trasforma e rinnova la vita. La trasforma e la rinnova imprimendovi i sentimenti di Gesù che dona se stesso, nell’amore, fino alla fine. Questo, allora, è il frutto della Messa: generare ed alimentare in noi

l’impegno quotidiano di servizio ai fratelli in famiglia, nella Chiesa e nella società» (Mi sarete testimoni, n. 44).

Ma perché il rito e la vita siano davvero “in memoria di Gesù”, siano annuncio e rivelazione di lui, è necessario metterci in ascolto della Parola di Dio. Essa sola, infatti, è in grado di svelare quanto è presente e viviamo nel grande “mistero della fede”, che è l’Eucaristia. Abbiamo tutti bisogno di ridare il giusto primato alla Parola di Dio, attraverso un ascolto attento e assiduo nella celebrazione della Messa, facendola diventare nostro nutrimento quotidiano con la pratica della “lectio divina” e approfondendola nella catechesi.

Teniamo viva una delle più preziose eredità che ci ha lasciato il cardinale Carlo Maria Martini – al quale, da questo nostro Duomo, mandiamo il nostro affettuoso saluto e del quale, in questo anno pastorale, ricorderemo il venticinquesimo dell’Ordinazione episcopale e dell’ingresso in Diocesi –, l’eredità di un grande amore meditativo e contemplativo della Parola. Così scriveva nella sua ultima lettera pastorale: «Siamo chiamati a ricominciare dalla Parola, a giocare su di essa tutta la nostra vita di singoli e di Chiesa… È tempo di ascoltare ciò che il Signore dice alla nostra Chiesa, è tempo di fidarsi e gettare le reti al largo…È “sulla sua parola” che ci è dato di servire con amore e con gioia il nostro tempo “prendendo il largo” vero i mari aperti della storia» («Sulla tua parola», passim).

Ed eccoci a un secondo “sentiero” da percorrere per realizzare l’alta “qualità celebrativa” dell’Eucaristia: è l’educazione della coscienza e del cuore. Solo un’opera educativa ricca di pazienza e di amore può aiutare le persone e i gruppi a prendere crescente consapevolezza, nel segno della gratitudine e dell’entusiasmo, della “grazia” e del “compito” missionari propri dell’Eucaristia (cfr. Mi sarete testimoni, nn. 46-47). Mi rivolgo, allora, in particolare ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai

enitori, ai catechisti perché nel loro servizio educativo aiutino veramente le persone a realizzare il doveroso passaggio dalla semplice “partecipazione” alla Messa ad una vera e propria “missione” a partire dalla Messa stessa, ossia dal “vedere” il Signore nella celebrazione al “farlo vedere” agli altri con una vita rinnovata e rinnovatrice.

C’è poi un terzo “sentiero” da percorrere, un sentiero che interpella in modo ancora più radicale ciascuno di noi e ogni nostra comunità. Si tratta di farsi carico di chi è assente dalla Messa (cfr. Mi sarete testimoni, n. 48. 51).

Se veramente comprendiamo e cerchiamo di vivere il valore di grazia dell’Eucaristia con la nostra personale partecipazione, non possiamo rimanere indifferenti e passivi, ma dobbiamo aver cura di quanti non vanno a Messa la Domenica, sia perché l’hanno abbandonata, sia perché, anziani o malati, non possono parteciparvi, pur volendolo fare, e spesso soffrono per non poterlo fare.
Per i primi – che forse troviamo anche in casa nostra – non possiamo dire una parola, offrire un esempio più convinto e credibile, pregare per loro? Non dimentichiamolo: sono fratelli e sorelle della nostra famiglia nella fede – l’unica famiglia dei figli di Dio – che si privano di una “beatitudine” che il Signore vuole anche per loro!

Per gli anziani e i malati, poi, variamente impossibilitati a partecipare alla Messa, la comunità

ristiana è chiamata a far sentire loro la sua “vicinanza” nel Giorno del Signore, non solo con la preghiera e con la visita, ma anche con il prezioso servizio dei Ministri straordinari della Comunione eucaristica: il dono della Parola di Dio e del Pane di vita diviene nutrimento, sostegno, compagnia e consolazione nella vita, nella solitudine e nella sofferenza di ogni giorno.

L’ultimo “sentiero”, il quarto, consiste nel riscoprire e rilanciare il senso vero della Domenica, come giorno della fede, dell’Eucaristia e della carità.

È, spesso, un “sentiero” in salita, molto in salita, perché le dimensioni più proprie e qualificanti della Domenica – ossia il suo volto cristiano – sono variamente e pesantemente minacciate dalla cultura diffusa (che la interpreta come “fine settimana”), dall’organizzazione del lavoro, dai fenomeni della mobilità, dalle modalità di impiego del tempo libero.

Ma vale la pena di percorrerlo, questo “sentiero”, senza arrendersi, con tenacia e determinazione nel coltivare – proprio grazie ad una convinta e generosa partecipazione alla Messa – i valori dell’incontro con Dio, della comunione e della carità fraterna, del riposo, della festa e della gioia. Sì, come scrivono i Vescovi italiani, noi «dobbiamo “custodire” la domenica», nella certezza che «la domenica “custodirà” noi e le nostre parrocchie, orientandone il cammino, nutrendone la vita» (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 8).

Le risorse e gli strumenti da mettere nella nostra “bisaccia”

Ed ora dai “sentieri” da percorrere passiamo alle “risorse” e agli “strumenti” di cui dobbiamo adeguatamente equipaggiarci per camminare e raggiungere la “meta”. Con un’immagine ci chiediamo: che cosa dobbiamo mettere nella nostra “bisaccia” di pellegrini, di “missionari di Gesù e del suo Regno”?

Un primo oggetto del nostro equipaggiamento vuole aiutarci a riscoprire e a conoscere in modo più profondo nei suoi contenuti il senso e la portata missionaria della Messa e del Giorno del Signore.
Ecco allora alcuni sussidi per la catechesi per i giovani e per gli adulti, che sono stati appositamente preparati dai nostri Organismi di Curia. A tutti chiedo di farli propri nel cammino di catechesi da proporre a livello parrocchiale e nelle varie aggregazioni ecclesiali.

Saranno approntate anche alcune schede sulla Messa e alcune tracce per l’omelia, da utilizzare nel tempo pasquale dell’anno 2005.

Ricordo infine il cammino dei nostri Oratori proposto per questo anno pastorale con lo slogan Sei tu! Oracorriamo e con le varie proposte e iniziative che lo accompagneranno.

Un secondo strumento consiste nell’essere sempre attenti a innervare alcuni momenti particolarmente significativi del cammino pastorale ordinario con la tematica eucaristica di questo anno. È quanto farò io stesso a livello diocesano nelle Veglie missionarie di ottobre, nelle Via Crucis nelle Zone pastorali e nella Catechesi quaresimale. Ed è quanto, a livello locale, può essere fatto in diverse occasioni quali, ad esempio, le Giornate eucaristiche o Quarantore, gli Esercizi spirituali parrocchiali, la Festa della famiglia, la Giornata della vita, la processione del Corpus Domini…

Il terzo strumento vuole favorire un discernimento pastorale più preciso, per vedere come ogni nostra comunità parrocchiale, proprio nelle modalità concrete con cui celebra e vive l’Eucaristia della Domenica, è già una testimonianza vivente di Gesù risorto e del suo Vangelo e come può meglio diventarlo.

Questo discernimento si realizzerà mediante tre indagini, da svolgersi in ogni parrocchia della Diocesi.

La prima – sulla frequenza alla Messa domenicale – coinvolgerà tutte le persone che parteciperanno alla Messa in una delle domeniche di questo anno pastorale. Le altre due – una sulla “qualità celebrativa” delle nostre assemblee liturgiche, l’altra sulle modalità di vivere il Giorno del Signore – coinvolgeranno direttamente il Gruppo liturgico e il Consiglio pastorale di ogni parrocchia. Sono

onvinto che queste indagini, colte nel loro vero significato e condotte con attenzione e amore, ci potranno stimolare, non semplicemente a conoscere la situazione reale in atto, ma a renderla, questa stessa situazione, sempre più conforme alla bellezza di grazia e all’esigenza e responsabilità missionaria della Messa e della Domenica.

Un quarto mezzo è dato dalla ricerca di “strade nuove”, per imprimere un più convinto ed energico slancio missionario alle nostre parrocchie nel loro volto di “comunità eucaristiche”. Ne indico cinque, che mi stanno particolarmente a cuore e che desidero possano vederci tutti generosamente impegnati:
1) in ogni parrocchia siamo chiamati a promuovere e valorizzare la presenza di un numero adeguato di Ministri straordinari della Comunione eucaristica per quel “dono domenicale” di cui abbiamo detto a favore di anziani e malati impossibilitati a partecipare alla Messa.
2) a livello decanale, chiedo che si verifichino il numero, gli orari e la distribuzione delle Messe sul territorio. Se vogliamo veramente e seriamente favorire l’alta “qualità celebrativa”, non possiamo sottrarci alla responsabilità pastorale di prendere, con saggezza e coraggio, qualche opportuna o necessaria decisione nella linea di una riduzione del numero delle Messe e di una loro migliore distribuzione nei diversi momenti della giornata domenicale.
3) i presbiteri di ogni parrocchia, con il Consiglio pastorale e con i catechisti, si chiedano se, a quali condizioni e per quali persone è possibile proporre momenti di catechesi nel giorno di Domenica.
4) in ogni comunità parrocchiale, continuiamo a “fare l’oratorio” anche di domenica, suscitando nuove energie e collaborazioni e ricercando forme nuove non solo per non perdere questa gloriosa tradizione, ma anche per rinnovarla, rilanciarla, farla diventare più ricca e arricchente.
5) infine, anche facendo tesoro di alcune esperienze positive già in atto in non poche realtà parrocchiali, studiamo le modalità più opportune perché, in ogni parrocchia, si possano vivere esperienze significative di “domeniche insieme” o “domeniche a tempo pieno” anche per i giovani, per gli adulti, per le famiglie nel loro insieme.

L’ultimo oggetto da mettere nella “bisaccia” è costituito da alcune “lettere” che mi impegno personalmente a scrivere per offrirle, a tempo opportuno, all’intera Diocesi perché possano essere valorizzate e distribuite ai diversi destinatari lungo l’anno pastorale.

Oltre alla Lettera per la benedizione delle famiglie, alla Lettera di Natale ai bambini e alla Lettera ai ragazzi della Cresima, quest’anno, se il Signore mi assiste, intendo proporre altre due lettere: la prima sarà indirizzata ai bambini della Prima Comunione e ai loro genitori; la seconda a un adolescente che ha abbandonato o è tentato di abbandonare la Messa.

Beati gli invitati alla cena del Signore

E così ho finito di presentare le linee più significative della nuova “tappa” del nostro “percorso” pastorale diocesano Mi sarete testimoni.

Si tratta ora di rimetterci in cammino. Ad alcuni potrà sembrare troppo impegnativo e faticoso. Più d’uno potrà incontrare momenti di stanchezza, di difficoltà, di sfida e di delusione: forse anche la tentazione di abbandonarlo. Ma c’è un aspetto di questo cammino che non può, non deve mai essere dimenticato: è un cammino segnato da una straordinaria “beatitudine”, che nessuno può intaccare, spegnere o distruggere.

È la beatitudine – una grazia che infonde una gioia vera, profonda, illimitata, totalmente saziante – dell’essere discepoli di Gesù, suoi commensali, suoi testimoni e missionari. È la beatitudine che ci viene promessa e che si realizza ogni volta che partecipiamo alla Messa.
Che il Signore ci dia di non dimenticarle mai, ma soprattutto di coglierle e di viverle in tutta la loro soavità e forza le bellissime parole che il prete rivolge ai fedeli prima della Comunione: «Beati gli invitati alla cena del Signore»!

Che il Signore ci doni di fare questa esperienza: l’esperienza di una gioia originale e insopprimibile, che nasce dall’accoglienza del preziosissimo dono di Cristo, la sua carne crocifissa e gloriosa “per la vita del mondo”; l’esperienza di una gioia prorompente e incontenibile, da offrire agli altri, con una vita rinnovata, nel segno della testimonianza evangelica, della condivisione fraterna, delle opere della giustizia e della carità.

Nessuno ha vissuto questa beatitudine come Maria, che Giovanni Paolo II nella sua enciclica sull’Eucaristia ci presenta come «donna “eucaristica”». In particolare così scrive: «C’è un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il Corpo del Signore» (Ecclesia de Eucharistia, n. 55). E ci invita a fare nostra la fede di Maria.

Carissimi, preghiamo con umile e filiale fiducia la Madonna, che ci è vicina ogni volta che partecipiamo alla Messa. Con tutto il suo affetto materno, ci doni la “beatitudine” della sua immensa fede!

+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano

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