Quando è PASQUA  di Don Tiziano Vimercati – Parroco

Giovedì sera dicevo che la nostra partecipazione alla messa nel ricordo dell’Ultima Cena dovrebbe essere segnata dalla tristezza.
E’ l’intera celebrazione che insiste sul tradimento di Giuda, su Pietro che rinnega, gli  apostoli che spariscono per paura, Gesù che in preda all’angoscia cerca di  evitare la morte, e noi che ci ritroviamo nella fatica della fedeltà, con la voglia di cambiare strada, e con il peso dei nostri tradimenti.
Non solo, il nostro cuore dovrebbe essere pesante perché stiamo celebrando la salvezza di Cristo ma nel mondo si inasprisce l’odio, i conflitti non terminano mai, aumentano gli atti terroristici, abbiamo ancora negli occhi il dramma dei nostri fratelli cristiani copti dell’Egitto uccisi nel giorno della domenica delle Palme, e dei fratelli siriani che vivono ormai da troppi anni una interminabile via Crucis, e dei nostri fratelli profughi che cercano di vivere da uomini e subiscono invece umiliazione, rifiuto e spesso anche la morte.
Il celebrare del cristiano non è ritagliarsi un angolo di cielo in mezzo all’inferno in cui viviamo. Il dramma dell’umanità e di ogni uomo deve trovare posto nella celebrazione dell’eucaristia.
Così come ha trovato posto nel cuore di Gesù, il quale ha saputo trasformare la morte che ha subìto in morte accolta e offerta per amore al Padre e ai fratelli.
Il gesto compiuto da Gesù nell’Ultima Cena, quello spezzare il pane e versare il vino, dice il senso della sua vita, ci fa capire che morire in croce è stato un gesto d’amore, accettato e voluto solo per un amore incondizionato.
Così deve essere il nostro celebrare: consapevoli che come Gesù ci aspetta la croce, ma che è solo così che possiamo davvero essere come lui.
E’ inseparabile spezzare il pane nell’Ultima Cena e spezzare il corpo sulla croce il giorno dopo.
L’eucaristia è questo spezzare il pane proiettati però a spezzare il corpo, di Cristo ma anche il nostro, sul legno della croce.
Quando questo avviene è Pasqua.
Celebriamo con grande gioia la Pasqua perché Gesù ha spezzato il pane e ha spezzato il corpo, perché ha donato se stesso dicendoci che questa è la strada della vita, e si va incontro alla risurrezione. Come possiamo fare anche noi ogni volta che spezziamo il pane e spezziamo il corpo.
Ho cercato di ricordare in quali momenti o incontri ho pensato: è Pasqua!
Quando, dentro a una situazione di dolore e di sofferenza, qualcuno ha saputo accendere una luce.
Padre Massimiliano Kolbe che, nell’inferno di Auschwitz, si offrì di entrare nel bunker della fame per salvare la vita di un padre di famiglia. Una suora che, sempre nell’inferno dei campi di concentramento, vedendo una ragazza piangere disperata perché stava per entrare nella camera a gas, si offrì di entrare con lei per farle coraggio dicendogli che avrebbero incontrato il Signore Gesù Risorto e quindi la vita nuova.
Ho già parlato di don Sandro Artioli, un prete operaio morto qualche settimana fa: non è Pasqua quando per tutta la vita un uomo scegli di stare nella “stiva dell’umanità con i più massacrati“?
E ci rimane, per amore dei più massacrati, anche se spesso con la morte nel cuore: esperienza continua di morte e vita, venerdì santo e pasqua insieme.
“Non avrete il mio odio”, scrisse il giornalista Antoine Leiris, ai terroristi che uccisero la moglie nell’attentato al Bataclan di Parigi, lasciandolo solo con un bambino di 17 mesi.
Charles Aznavour , famoso cantante francese di origini armene, ha scritto, attingendo ai propri ricordi, la prefazione di un libro, Sauveurs et Combattants, dove si racconta il genocidio degli armeni: “proteggendo e nascondendo quegli amici papà e mamma hanno fatto quello che ritenevano un dovere, senza pensare per un solo istante che mettevano in pericolo la vita dei loro figli, ma anche la loro”.
Tristezza e speranza poi quando si leggono parole come queste, riferite alla strage dei cristiani in Egitto: “la comunità copta e quella islamica danno prova di grande coraggio e maturità. Proprio a Tanta, uno dei luoghi feriti dalle nuove stragi della domenica delle palme, le due comunità hanno pregato assieme nella chiesa di San Giorgio, teatro dell’attentato, subito risistemata e riaperta dopo il sanguinoso attacco. Proprio in quel luogo, cristiani e musulmani hanno voluto pregare insieme per dire che il terrore non è riuscito a dividere le due comunità”.
E’ Pasqua perché qualcuno continua a credere che la morte non è la nostra padrona e che è meglio continuare a cercare ciò che unisce, e che l’amicizia e il rispetto sono sempre possibili. Ieri sera, durante la via Crucis per le vie della città, abbiamo ascoltato diverse testimonianze.
Ci hanno ricordato che Gesù oggi lo incontriamo nel nuovo tempio, nelle periferie, tra gli ultimi della terra: Morto e risorto in periferia.
Sono forse troppo ottimista se penso che sono numerosissimi gli uomini e le donne che sanno compiere scelte pasquali, che sanno passare attraversare una situazione di morte senza soccombere, anzi, seminando semi di vita?
Quante pasque avvengono ogni giorno?
Non si tratta di non vedere il male, sempre presente, e purtroppo anche in ciascuno di noi.
Piuttosto di non dimenticare che Gesù ci ha dato l’esempio di come vincere il male e la morte: offrire se stessi, con lo sguardo rivolto al Padre e ai fratelli.

Nel testo i dipinti dell’artista M.C. Barredo che così definisce le sue opere: “…Gesù, la cui incarnazione ne fa uno del popolo, per cui è Cristo contadino, afroamericano, indigeno, che si carica del dolore, delle gioie, delle speranze del nostro popolo, delle sue lotte per la liberazione piena, della sua profonda visione cristiana della vita. Crocefisso tra i crocifissi, inchiodato a un albero alle cui radici stanno zaini militari o i simboli del profitto, nelle innumerevoli Via crucis la sua passione è archetipo e orizzonte di senso di quella che il popolo vive nell’ingiustizia e nell’oppressione, così come la sua risurrezione è garanzia e compimento ultimo della speranza in una società migliore e degli sforzi per edificarla”.

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Cristo visse ogni istante della Sua esistenza
in abbandono senza riserve all’amore divino.
Facendosi uomo, Egli però ha preso su di sé
tutto il fardello del peccato umano,
abbracciandolo con il Suo amore misericordioso
e nascondendolo nella sua anima.
In questo modo si è potuta compiere la Redenzione

Santa Teresa Benedetta della Croce

COMUNITA’ PASTORALE S. TERESA BENEDETTA della CROCE
Parrocchie:
Cuore Immacolato di Maria – Madonna di Lourdes
S. Maria Assunta – Sacro Cuore di Gesù
S Giuseppe Artigiano – SS. Pietro e Paolo
LISSONE

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