L’uomo dimora di Dio: restiamo umani di Don Tiziano Vimercati – Parroco

Don Tiziano Vimercati

Parole di Gesù nel vangelo di oggi: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Mi piace in modo particolare l’espressione “prenderemo dimora presso di lui”. C’è qualcosa di divino in noi: se Dio prende dimora in noi, vuol dire che diventiamo la sua casa. Abbiamo sempre definito l’uomo tempio di Dio: questa espressione è bene non intenderla in modo astratto, si correrebbe il rischio di dire semplicemente che è bella, che ci può anche commuovere, ma forse niente di più. Se leggiamo attentamente il vangelo di oggi ci accorgiamo che San Giovanni accosta in continuazione la realtà di Dio al verbo amare.

Chi accoglie i comandamenti di Gesù è colui che lo ama. Gesù si manifesta a chi lo ama. Il Padre ama chi sa amare Gesù. Lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa.

C’è un profondo intreccio tra la realtà di Dio e la realtà dell’amore. Il nostro Dio è il Dio dell’amore, è il Dio che ci ha rivelato Gesù, che è entrato nella

storia dell’uomo, un Dio che non ci è estraneo. Invece ci capita di renderlo estraneo, di disegnare un volto che non è il suo, di attribuire a lui caratteristiche che sono invece proiezioni dei nostri pensieri, desideri, paure e frustrazioni.

Cosa ci comunicavano le definizioni di Dio che i più anziani di noi hanno perfino imparato a memoria: onnipotente, onnisciente, immenso, creatore, Essere perfettissimo?

Tutte definizioni che a loro volta andavano spiegate. Che però facevano di Dio una realtà lontana, inaccessibile, totalmente altro da noi. Inevitabile quindi che l’uomo provava più paura che gioia, più soggezione che amicizia, ed era più facile seguirlo non per autentico amore ma per evitare i castighi. Lo si rendeva estraneo, un Dio che al contrario aveva scelto di entrare nella nostra vita, di diventare prossimo a ciascuno di noi. Pur consapevoli che di fronte alla realtà di Dio possiamo solo balbettare, e sapendo di non poter conoscere interamente il mistero, ci affidiamo a Gesù, ci fidiamo della sua parola e delle sue promesse, lasciamo che sia lui a guidare i passi che ci avvicinano il più possibile alla realtà di Dio. E allora, con umiltà, scopriamo che è la realtà dell’amore che più ci avvicina a Dio: quando diciamo che l’uomo è la casa di Dio credo sia da intendere che l’uomo è abitato dall’amore, è fatto per amare, che realizza pienamente la sua realtà sentendosi amato e amando a sua volta. Con umiltà, certo, perché sappiamo quanto in realtà siamo lontani dall’amare veramente, ma ciò non toglie che è l’amore che ci rende veramente uomini.

Sant ’Agostino diceva: Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa inTe. Penso possiamo anche dire: Ci hai fatti per amare, Signore, e il nostro cuore non ha pace finchè non impariamo ad amare. Ultimamente si usa spesso l’espressione: rimanere umani.

 Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza, dove si trovava per scopi umanitari,

Vittorio Arrigoni – 1975-2011

terminava la giornata con la frase ”Restiamo umani”, che poi era anche il titolo di un suo libro.  Don Andrea Gallo così disse a un gruppo di ragazzi: Cari ragazzi, io a 17 anni e un mese con i partigiani ho visto nascere la democrazia, ora che sono vecchio devo vederla morire? La speranza siete voi, restiamo umani!

Quando, purtroppo sempre più spesso, assistiamo a delitti efferati, a cattiverie gratuite, a sistematiche violazioni dei più elementari diritti umani ci vien da dire: ma questi non sono uomini, hanno smarrito il senso di umanità, certe cose non si dovrebbero neanche pensare. Penso che non sia comunque qualcosa di nuovo. Non è una caratteristica del nostro tempo.

L’uomo ha dimenticato spesso la propria umanità. Forse però qualcosa di nuovo c’è: oggi per molti sembra normale essere egoisti, pensare prima, sempre e solo a seè stessi, aver perso il senso della solidarietà, del dovere di soccorrere chi è in difficoltà, di salvare la vita a chi rischia di perderla. Prima noi, poi gli altri; ma è un poi che non arriva mai. E comunque: chi siamo noi e chi sono gli altri?

Gesù probabilmente ci direbbe: prima gli ultimi, prima i poveri, prima chi ha bisogno.

Si sta diffondendo un pensiero anti umanitario, quel pensiero che ci fa dire: prima di tutto ci sono io con le mie esigenze, i privilegi da difendere, ciò che ho costruito, e se qualcuno mette a rischio ciò che è mio ho diritto di fare tutto ciò che voglio, anche uccidere. Non si prova più neanche vergogna ad avere certi pensieri, a manifestare certe frasi. Neanche più lo sforzo per cercare di essere migliori. E chi cerca di opporsi a questo egoismo che prende sempre più spazio in noi, se gli va bene viene solo deriso e compatito. Non sappiamo bene dove ci può portare questo modo di pensare e come potrà essere un mondo dove ciò che si vuole è solo il proprio tornaconto, per il quale siamo disposti a qualsiasi sacrificio, e non un bene che deve essere di tutti, il più possibile condiviso. Di sicuro ci saranno conseguenze estreme, disumane, atti di odio inspiegabile e saremo lì a chiederci come mai, come è stato possibile, senza renderci conto che certe tragedie le prepariamo da tempo.

Restiamo umani, con coraggio, con fermezza, con orgoglio. Prendiamoci

cura l’uno dell’altro, perché è ciò che rende la vita degna di essere vissuta.

Restiamo cristiani, come ci ricorda sempre il vangelo di Giovanni: Chi ama Gesù e ama i fratelli sperimenta la bellezza dell’amore del Padre, diventa tempio e casa dello Spirito Santo.  

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