Da Klong Toey – Thailandia ci scrive Padre Alessio Crippa – 1° parte

Dalla Thailandia abbiamo ricevuto questa  lettera dal lissonese Padre Alessio Crippa, missionario saveriano.  E’  interessante e contiene diversi spunti che dovrebbero farci riflettere e che ci possono essere di grande aiuto a riscoprire i valori essenziali della vita, da noi, un po’ troppo dimenticati. 

                                                                                                                                      Klong Toey, 23 Ottobre 2017     
  Carissimo don, suore, famiglie, ragazzi, bambini…. comunità,                                    
per questo Ottobre, mese missionario, ho pensato che fosse cosa buona e giusta farvi avere qualche riga su come procede la vita missionaria in Thailandia, qui a Klong Toey, quartiere della capitale Bangkok. Le ultime ve le ho fatte arrivare a Marzo. Mi fa piacere scrivervi soprattutto in questo mese in cui avrete di certo avuto molte occasioni per vedere quanto sia bello donare la vita seguendo Gesù e lasciare un po’da parte tutto il resto, partire. Per me questi ultimi mesi sono stati un po’ un passaggio dalla preparazione della lingua Thai (che significa dare del tempo anche allo studio e avvicinarsi a piccoli passi alla realtà, che senza la lingua è difficile da capire e da affrontare) alla vita immersa al cento per cento dentro il quartiere, in mezzo alla gente.

La partenza di padre Alex per l’Italia ha dato una “sana” accelerata a tutto. Alex è partito a fine giugno e io sono rimasto 2 mesi con il programma delle attività da fare coi bambini e i ragazzi in mano, e con la consapevolezza che ancora oggi quando parlo la gente capisce il 60 per cento di quel che dico, e io reciprocamente quando sta a loro parlare. Felice eccezione a questo sono i giovani che ci stanno più vicino e i poveri: i primi perché a poco a poco si adattano alla pronuncia di noi stranieri e incontrandomi tutti i giorni arrivano a capire gli errori che faccio; i secondi perché il povero sente forte il bisogno di comunicare (perché è solo, malato, abbandonato, escluso, non ascoltato, rifiutato)  e quindi fa lo sforzo di capirmi e di farsi capire più di tanti altri, con molta pazienza. 

All’inizio ho avuto qualche timore ma poi, non resta che buttarsi. Alla sera preparavo le cose da dire negli incontri coi ragazzi e nelle Messe e le inviavo alla mia “mamma thailandese” (un’insegnante elementare che mi ha quasi adottato come un figlio e mi corregge sempre tutto immediatamente) e poi durante il giorno: via nelle viuzze della baraccopoli per incontrare i malati, ricordare ai bambini le varie attività a casa nostra o le varie gite, giocare nei campetti ritagliati nello spazio tra le casette.. . C’è stato un giro di volontari  che sono passate a trovarci (due amici sposi di Santa, un gruppo di giovani di Varese…) che è stato provvidenziale: tutti con entusiasmo si sono messi “dentro”, a contatto con la vita della gente e hanno dato attenzione ai ragazzi e ai bambini.

Come sempre, la gente dello slum non si fa problemi ad accogliere: le porte delle casette si aprono a chiunque senza domande previe e senza indagini, e tutti possono avvicinarsi ed ammirare la bellezza di tante persone che lottano per portare avanti la vita loro e di chi è loro affidato da Dio (nipoti, figli, bambini senza papà e mamma accolti in casa: spesso le nonne dicono: “Questo figlio qui me l’ha lasciato mia nipote. Lei è andata a Pattaya e io, cosa dovevo fare?” oppure “lei e’ in carcere. E mi ha lasciato questo figlio che mi chiama mamma”) pur nella difficoltà della baraccopoli.

Per me questo periodo è stato un po’anche il passaggio dalla preoccupazione per me (il mio inserimento, la lingua, il mio comportamento a volte non proprio “asiatico”) alla preoccupazione per gli altri: un passaggio liberante e totale. Grazie a Dio. A un anno dall’inizio della nostra presenza qui a Klong Toei, possiamo vedere che pian piano un buon gruppo di bambini e una ventina di adolescenti vengono a casa nostra per le attività tutte le settimane. Con loro non mancano momenti di incontro e testimonianze, giochi e piccoli campi-scuola di tre giorni tipo le settimane che in parrocchia si organizzano d’estate!
I bambini sono molto entusiasti di tutto e io ringrazio il Signore della loro semplicità nell’accogliere tutte le nostre proposte, pur essendo tutti buddhisti. 

Penso che questa sia una delle piste più importanti per noi: aiutare loro a entrar dentro il loro cuore, per accorgersi dei doni grandi che hanno ricevuto e anche delle ferite profonde nella loro vita (molti vivono coi nonni e non hanno mai conosciuto i genitori, alcuni hanno il problema della droga sotto gli occhi tutti i giorni anche in famiglia; per molti lo spazio per vivere non esiste perché  in casa si e’ in sette o più tutti stretti stretti e quando piove a volte bisogna rimanere in piedi su una trave di legno perché  si allaga dappertutto)… e nonostante questo dir loro: “non temete, Dio si prende cura di voi, vi prende per mano…”. Dirlo con le parole, con l’amicizia, con l’affetto, con la nostra presenza, con la carità. E’ incredibile come pur nelle diversità di cultura, religione, modi di pensare eccetera, quando però ai ragazzi si parla col cuore e si apre la propria vita condividendola, tutti ascoltano attenti e il bene passa. E la missione passa.                                                                                       
Cari ragazzi, siate sempre entusiasti! Non stancatevi mai di darvi da fare per gli altri. Vi abbraccio forte e grazie delle vostre preghiere per me e per questo bel popolo. State buoni… se potete.    

Padre Alessio kabe

 

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