AL MONT ROUX: OMELIA DI DON DAVIDE GALIMBERTI PER I 50 ANNI DEL CAMPEGGIO.

Nel cuore di ogni uomo che un desiderio mai spento e sempre ritornante di conoscere Dio.
Il desiderio di conoscere Dio c’è nel cuore di tante persone che, pur dicendo di non credere, tuttavia cercano il volto di Dio e c’è anche in chi come noi, pur credendo, avvertono il bisogno di conoscere meglio Colui nel quale si crede e di poter dare ragione ad altri della propria speranza. La conoscenza di Dio non è mai un dato acquisito completamente, mai un dato scontato …. quanto più lo conosci, tanto più senti il bisogno di conoscerlo.Ogni uomo ha nel profondo del cuore il desiderio della verità, il desiderio di Dio. Non solo chi crede, ma anche chi cerca non avendo il dono della fede. ( A. Santambrogio )

Vi riportiamo il testo dell´omelia di Don DAVIDE GALIMBERTI, nella foto qui sopra,  letta durante la celebrazione della S. Messa al  MONT ROUX, sull´altare dedicato al fratello ALESSANDRO, per i 50 anni del Capeggio dell´Oratorio S. LUIGI.
Siamo saliti nella ” nostra Cattedrale “ di alta quota e sono tanti i sentimenti che ci uniscono.
Si potrebbe parlare molto e, soprattutto, ciascuno potrebbe raccontare i suoi ricordi e le sue speranze.
Facciamo parlare anzitutto la Parola di Dio che oggi è molto generosa con noi. Lasciamoci salvare, liberare e amare dalle parole della Scrittura. Sono parole che portano in alto, meglio di qualsiasi elicottero, e ci fanno vedere la nostra vita da una prospettiva ulteriore, come da questa cima. Mi sembra che sinteticamente ci consegnino tre espressioni: la tradizione è viva, il Dio dei nostri padri e la porta stretta.
La prima lettura dal libro di Giosuè ci parla di pietre poste a memoria dell’azione salvifica di Dio. Il popolo o il singolo ebreo, quando fa esperienza del Signore, ci mette una pietra. Bisogna ricordare e che questo ricordo sopravviva allo scorrere del tempo e ai limiti strutturali della nostra memoria. Mettere una pietra significherà dire: qui Dio mi ha salvato, non voglio dimenticarlo!
La pietra che rimane nel tempo, però, ha anche un difetto: è inerte, senza vita. Muta e fredda essa non può essere soggetto di quella tradizione di cui parla Giosuè. Ci vuole il racconto di padre in figlio, la traditio di generazione in generazione.
Nei 50 anni di Campeggio nella nostra parrocchia questo è avvenuto e avviene ancora.
La tradizione è viva! Questo oggi ci fa fare eucaristia.
E la tradizione ci parla di un Dio che è Dio di qualcuno. San Paolo parla del Dio dei Giudei, del Dio delle Genti. Insomma Dio è sempre il Dio di Qualcuno. Non è una realtà astratta e lontana, ma entra nella storia dei popoli. Dio è entrato anche nella nostra storia e i segni della croce e dell’altare restano a testimonianza.
Quanti nomi bisognerebbe qui fare! Dio dei nostri padri significa Dio delle persone che hanno lavorato e dato la vita per il campeggio e per l’oratorio, per il Vangelo. Ci sono tanti laici, i sacerdoti, la storia singolare di Alessandro… ma l’elenco è davvero impossibile da stilare e concludere, parte da questa cima e arriva agli angoli più nascosti della nostra amata Lissone.
Infine, leggendo il Vangelo, domandiamoci cosa possa tenere viva e efficace questa tradizione, questa istituzione del campeggio, dell’oratorio?
Oggi assistiamo a grandi trasformazioni ecclesiali e sociale che ci disorientano e abbiamo bisogno di cogliere il segreto della permanenza, il punto vitale delle nostre migliori abitudini e virtù.
Credo che sia la porta stretta del vangelo secondo Luca: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta».
Sono tante le interpretazioni circa questa immagine usata da Gesù, ma credo che noi oggi possiamo intenderla come l’indicazione e l’invito a vivere una relazione personale con lui. Stretta quindi perché faticosa, ma soprattutto perché singolare: io e lui. Gesù è mio salvatore. Solo attraverso lui arrivo alla meta.
Non se sono primo e ultimo, non se sono Giudeo o greco, brianzolo o romano, giovane o vecchio, ma se rischio le esigenza della relazione personale con Gesù solo. Questa scommessa realizzerà il miracolo della salvezza per noi e i nostri figli, di generazione in generazione.La tradizione è viva e ci parla del Dio che è il Dio dei nostri padri e ci libera, facendoci uscire e passare dalla porta stretta che è la relazione singolare con Gesù. Nell’eucaristia celebriamo questo mistero.
La redazione ringrazia per la ” preziosa collaborazione ” il Sig. Luigi Galimberti per averci inviato questo testo.

I commenti sono chiusi.